Ishmael Bea, Memorie di un soldato bambino, Neri Pozza 2008. Nella sua tristezza è un libro bellissimo. Uno dei più belli che ho letto. Siamo vicini come intensità, pur nella differenza di tema a "Se questo è un uomo" di Primo Levi, o al "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern L'autore racconta la sua storia, prima di fuggitivo dalla guerra e poi di combattente bambino, tra i ribelli della Sierra Leone. La lettura di queste pagine è un urlo contro tutte le ingiustizie del mondo. Dal punto di vista narrativo la lettura è accativante e si legge tutto di un fiato. Voto 10. Kevin Bales - I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, Feltrinelli 2002. Si tratta di un libro molto duro in cui vengono descritti alcune delle peggiori schiavitù della terra, sono 27 milioni gli schiavi nel mondo. Sembra impossibile ma è così. All’inizio la triste la storia di una ragazzina portata via dal Malì, e costretta a fare la schiava a Parigi. Successivamente i matrimoni combinati in Pakistan e il pericolo di essere uccisi per non aver ottemperato alla volontà dei genitori. Poi si narra, degli "schiavi" in India che lavorano per fare i mattoni. In un paese in piena espansione edilizia, i materiali da costruzione sono richiestissimi, e lo sfruttamento di essere umani è garantito. Poi è la volta della Mauritania dove la legge contro la schiavitù è stata promulgata 4 volte, segno di una continua disattesa della sua prescrizione. Per ultimo il Brasile dove ci sono dei posti orrendi, in cui si produce il carbone vegetale che usiamo solitamente per il nostro barbecue, ma che proviene da massicce campagne di disboscamento che devastano il territorio e sfruttano gli essere umani. Voto 7. Grichka Bogdanov, Igor Bogdanov, I cacciatori di numeri, Piemme 2014.
Interessantissimo libro sui numeri, sulle costanti che regolano i principi fisici e sul legame tra principi matematici e trascendenza. E' un libro interessante ma anche un pò difficile. Voto 6. Tuccillo Ziezel Peisel, L'arte di vivere i sogni, Sperling e Kupfer, Si tratta di un libro molto interessante, però senza bibliografia e parla della capacità di vivere sogni lucidi. Insinua nel lettore la possibilità di raggiungere la dote di creare dei sogni a proprio piacimento. E' molto piacevole. Voto 7. Però anteposto a questo libro c’è, Laurent Lachance, Il libro dei sogni, Garzanti (1986), dove si dice che è un illusione pensare di avere sogni lucidi a piacimento. Secondo Lachance, il sogno assolve a sette funzioni come si può facilemte leggere nel link del libro. Saluti Giuliano Mazzocco Potrà sembrare strano ma è possibile prevedere il 90% degli eventi futuri, senza rivolgersi a una chiromante o a qualche fattucchiera. Potrebbe sembrare assurda un’affermazione del genere, ma “purtroppo” è vera.
L’applicazione del metodo matematico noto come “teoria dei giochi” permette di ottenere questi risultati, non solo in qualche campo ma sostanzialmente in tutti. È quanto sostenuto dal libro: Bruce Bueno De Mesquita, L'uomo del destino, il mio metodo matematico per predire il futuro, Rizzoli 2011. Purtroppo la lettura, genera in un lettore idealista, propenso a pensare il genere umano rivolto ad evitare il male e scegliere il bene, una considerevole amarezza. L’autore docente di teoria politica alla NYU e consulente della CIA in questo libro spiega, come applicando “la teoria dei giochi”, sia possibile fare previsioni piuttosto accurate circa gli esiti futuri. Cominciando ad analizzare tutti gli attori di una determinata situazione ed assegnando in base a dei calcoli statistici una percentuale di forza, è possibile ottenere sostanzialmente delle previsioni abbastanza approssimate sugli sviluppi futuri. Il presupposto di base all’origine di tutto è sostanzialmente un approccio utilitaristico, il quale, detto in maniera semplice, significa che gli uomini tendono a fare i propri interessi. Il libro passa in rassegna alla luce di questa teoria una serie di fatti storici dove dimostra la sua tesi, come nel caso di Cristoforo Colombo, dell’ascesa di Khomeini, di piazza Tienanmen e di tanto altro. Quando ho letto questo libro, Kim Jong Sun inquietava la popolazione mondiale con minacce nucleari. L’autore sosteneva che per quanto si sia dispotici non si rimane al governo senza abilità, che prevedono una catena di comando ben oliata. Contrariamente a quanto alle volte certa gente diceva, in maniera sbrigativa, definendolo “matto”, l’autore sosteneva che le sue minacce erano una strategia voluta per ottenere dei finanziamenti alla sua nazione, cosa che poi con accordi con il presidente Trump è effettivamente avvenuto. Purtroppo ho dovuto dargli ragione, le sue previsioni erano giuste. Sostanzialmente (anche se non molto esplicitato ) il processo di previsione si articola così:
Per esempio in una situazione in cui vi sono due forti contendenti, supponendo che tutti i soggetti coinvolti tendono a pensare ai propri scopi, potrebbe succedere che entrambe le forze dei contendenti si annullino, fino a favorire un terzo soggetto che nessuno avrebbe pensato avere una chance. E' un libro che fa riflettere anche se lascia una certa amarezza. L’autore inquadrando i vari fatti all’interno della teoria dei giochi, perviene alla definizione di una umanità incline a pensare solo ai propri interessi e perciò tendenzialmente emerge una visione pessimistica. Se ne consiglia la lettura. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Libro di riferimento: Martin LIndstrom,Small data. I piccoli indizi che svelano i grandi trend. Capire i desideri nascosti dei tuoi clienti, Hoepli 2016.
Film consigliato: The place Dice il libro che il livello di felicità di una nazione diminuisce in proporzione diretta con il livello di trasparenza. Più la gente sa e conosce e più aumenta il senso di inferiorità e conseguentemente il sentimento di insoddisfazione di se stessi. Internet fa confrontare le persone di tutto il mondo ed esso è implacabile e disarmante. La gente non regge il confronto. Una volta, inoltre, c’era un oblio naturale dei ricordi e chi aveva alle spalle una cattiva reputazione poteva in qualche modo ripartire da zero, oggi non è più così, tutto viene ricordato, tutto è filmato. Lindstrom riferisce che in Russia e Cina dove i media sono controllati , la popolazione non è esposta alle idee di perfezione che fomentano aspettative irrealizzabili di felicità. Quasi tutti gli occidentali che visitano i paesi del terzo mondo ritornano con l’impressione che loro sono più felici di noi. In realtà essi non si sentono più felici o meno felici, ma semplicemente sentono di vivere la loro vita. Il diritto alla felicità secondo l’autore non è un’aspirazione innata nell’uomo, anche se moltissimi autori e filosofi hanno riflettuto su questo tema, bensì un esito dell’illuminismo. Prima di questo l’occidente era pervaso da una certa austerità e poi questa corrente intellettuale ha trasmesso l’idea che era legittimo sottrarsi all’infelicità e alla sventura. Purtroppo però succede che le persone non si sentono mai arrivate e “l’asticella” viene spostata sempre più in alto, tanto che ci si sente sostanzialmente infelici. Negli Usa la felicità è un obbligo e perciò in modo paradossale ci si condanna al contrario. Un sondaggio Gallup che chiedeva alle persone se il giorno prima avessero riso, abbracciato o altre esperienze positive, fece risultare in alto molti paesi dell’America latina e in posti molto inferiori paesi occidentali con un tenore di vita molto elevato come i paesi scandinavi. L’autore continua il suo discorso, dicendo che ogni cultura è consolidata intorno a certe idee che inevitabilmente ne negano altre ma di cui la gente in qualche modo ne sente la mancanza. I desideri negati, anche moralmente riprovevoli, portano al “politicamente corretto, ma sotto la cenere del perbenismo covano le braci dell’inespresso. Nei diversi paesi che visita l’autore si è accorto che i comici sono pagati e fanno ridere proprio intorno agli argomenti che una società considera taboo. Essi sono seguiti perché riescono a dire quello che gli altri si vergognano di dire. Da una parte si cerca quello che si ritiene giusto e dall’altra di nascosto si sente di avere pensieri totalmente contrari, anche detestabili. Deve stupire il fatto che nel 2014 il regalo di natale più venduto negli Usa fu “Cards Against Humanity”. Era un gioco da tavola definito deprecabile dallo stesso sito ufficiale, con temi come “Auschwitz”, “il testicolo mancante di Lance Amstrong”, “l’invidia del pene”, “fregarsene del terzo mondo” e altri temi odiosi. Nella civiltà occidentale questa è un epoca di uniformità, e di solipsismo diffuso. La gente cerca nei centri commerciali e negli oggetti da comprare la risposta alla loro infelicità e facendo così vede le stesse cose in tutti i posti. Girate un po’ dappertutto e vedrete la gente sui centri commerciali tutti pressoché uguali, a spingere i soliti carrelli, per prendere le solite robe, nelle catene dei negozi con i soliti marchi. Quando le cose sono tutte uguali la vita diventa tediosa. Paulo Coelho ha scritto: “Se pensi che l’avventura sia pericolosa, prova la routine. È letale.” Nel nome della felicità per tutti si è perso il senso di comunità e l’individuo non si sente parte di un gruppo o di un entità sociale ma ricerca disperatamente di accontentare se stesso. Siamo come Narciso tutti intenti a guardarci addosso e … l’epilogo della sua storia lo sapete. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Di Johann Dréo (User:Nojhan): LINK
Martin LIndstrom,Small data. I piccoli indizi che svelano i grandi trend. Capire i desideri nascosti dei tuoi clienti, Hoepli 2016. Per cercare di capire che cosa sta veramente a cuore e quali sono i taboo di una società, quello che viene scritto sui “social” difficilmente ci può aiutare. Quello che viene pubblicato è pensato , ragionato , in modo da dare un’immagine di se, molte volte diversa rispetto al “reale”. Invece l’interno del nostro frigo, dei cassetti, del comò dove noi pensiamo che nessuno andrà a sbirciare, può essere più veritiero di quanto si scrive in internet. È un po’ come in Danimarca dove nei salotti di molte case si possono notare dei trenini di altissima qualità. Se seguissimo le statistiche (big data), saremmo indotti a pensare che quello è il trend giusto, e che in quel settore si esprime il desiderio della società. Poi invece indagando con attenzione si scoprirebbe che sono oggetti solo di arredo con cui nessuno gioca, mancano infatti i segni di usura. Oggetti quindi che una volta comprati non hanno bisogno di essere sostituiti, riparati e quindi senza un vero mercato. L’insieme di abitudini, gesti, scelta di colori, di immagini, password e tanto altro è quello che Lindstrom definisce come “small data”, queste informazioni integrate insieme ai grandi numeri ci possono rivelare i desideri nascosti di una società, i suoi taboo, le sue chiusure. È singolare che gli inglesi siano quelli che fanno maggiore uso delle emoji che strizzano l’occhio, forse è un modo compensatorio per la loro riservatezza. I russi vivono in una sorta di mondo tutto grigio. Grigi sono il loro palazzi, la gente i posti. Nessuno ride od è allegro. Provate a chiedere ai russi che cosa preferiscono e loro vi diranno che apprezzano vedere la gente che si diverte. L’autore riferisce che in Siberia c’è un alcolismo dilagante, esso per certi versi è una piaga e nello stesso tempo una risposta al grigiore della vita. Quasi tutti i russi con cui ha parlato gli hanno riferito che gli sarebbe piaciuto vivere in Italia, in Francia o in Svizzera, anche se in quei paesi non c’erano mai stati, ma essi erano il simbolo di buona cucina, di gente che sorride, di tempo libero, romanticismo, seduzione e libertà. A detta dell’autore il peccato più grave degli uomini è quello dell’inconsapevolezza, del non essere all’erta, quello di non aprire gli occhi e vedere oltre la cortina di fumo. Se siamo attenti possiamo capire i bisogni e i sogni delle persone ( i quali possono essere dettati dalla natura umana ma anche indotti dal contesto socio-culturale) e comportarci di conseguenza. Lindstrom ha notato che una volta si mangiavano i gelati leccandoli un po’ alla volta ora invece si mordicchiano subito dalla cima. Oggi il tratto peculiare della nostra cultura, secondo lui, è l’immediatezza. L’avvento della cultura digitale che ci consente l’accesso veloce a qualsiasi nozione ha contagiato anche altri settori. Vogliamo tutto e subito, anzi ancora prima che l’abbiamo pensato. Egli si domanda quale impatto avrà sulle generazioni di oggi e di domani il cambiamento portato dalle nuove tecnologie digitali. Le società oscillano sempre e alternano costantemente i desideri creando squilibri a loro volta compensati da scelte antagoniste che portano a uno squilibrio pure loro. E questo avviene un pochino in tutti i settori. Una volta le elezioni sono vinte dai democratici e un’altra dai repubblicani. I pantaloni ora sono a vita bassa ora a vita alta, ora a zampa di elefante ora a tubo. Una generazione predilige uomini barbuti e l’altra li avversa. Gli uomini e le donne di un paese tendono a ribellarsi allo squilibrio di uno stato. Lo fanno in maniera cosciente o inconscia. In America il toccarsi fisicamente è evitato perché si è portati a pensare a connotazioni sessuali, nello stesso tempo è il paese con giochi di contatto come il football che consente agli uomini di toccarsi, lottare, placcare e abbracciarsi. La Francia è la nazione conosciuta per i suoi lunghi pranzi e le sue numerose portate ma nello stesso tempo è il primo paese al mondo per il consumo di cibi pronti, sia surgelati che fast food. Il Giappone , è una nazione educatissima e formale, ma nello stesso tempo presenta moltissimi “sex hotel” e carrozze di treni riservate per evitare molestie alle donne. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Testo di riferimento : Daron Acemoglu James A. Robinson, Perchè le nazioni falliscono. Alle origini di potenza, prosperità, e povertà, Il saggiatore 2013.
Video: Link Venezia, dice il libro, nel medioevo forse era la città più ricca del mondo. Nel 1300 aveva la stessa popolazione di Parigi e tre volte quella di Londra. Essa implementò durante in questo periodo istituzioni politiche ed economiche inclusive, ma successivamente una ristretta elite esercitò un monopolio involutivo, che di fatto la portò alla rovina. Mi ha sempre sorpreso in Veneto lo sviluppo urbano. Risulta molto evidente in certi paesi la villa padronale al centro e poi come la gramigna o l’edera sugli alberi un agglomerato informe di case. Molte volte si menziona la storia della repubblica di Venezia come qualcosa di glorioso da riesumare. Ci si dimentica che la repubblica veneziana è caduta perché era in mano a una asfittica e oligarchica elite di famiglie. C’erano pochi signori con delle grandi e stupende ville, e una pletora di popolo insediata ai bordi dei loro poderi o di qualche argine di fiume. Quando è arrivato Napoleone è finito tutto, si sono consegnati al nuovo padrone, giustamente senza opporre resistenza, ma se non ci fosse stato lui, ne sarebbe arrivato un altro, era solo questione di tempo, la situazione era ormai indebolita e non avrebbe saputo resistere agli scossoni della storia. Dove sono finite le grandi famiglie padronali del Veneto, che fine hanno fatto? Quando le istituzioni non assicurano la difesa della libera attività ed espressione dei suoi cittadini non si va molto lontano. Se non si lotta e si difendono le istituzioni inclusive il destino è segnato per tutti. E in Italia? Facciamoci la domanda, che politiche ci sono? Nascono pochi figli, con molti sacrifici li facciamo studiare e poi se ne vanno all’estero perché qui non ci sono possibilità. Che paese è, quando ai suoi figli non dà modo di esprimere le proprie capacità, inclinazioni e creatività? Sembra che la scuola italiana, nonostante tante critiche, sia di buon livello. Gli studenti usciti dalle nostre università sono ricercati all’estero per la loro preparazione (LINK). Come mai invece, è difficile inserirsi nella nostra realtà produttiva? Nel 2012 è uscita l’interessante legge 221 recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese tra cui la possibilità di creazione di startup innovative. Essa consente di avere agevolazioni e sgravi fiscali per chi fa nascere un’impresa a carattere innovativo. Per poterla creare occorre essere in possesso di almeno uno dei tre seguenti requisiti: 1) destinare come minimo il 15% del bilancio in ricerca o sviluppo, 2) avere nella propria forza lavoro almeno due terzi di personale con laurea magistrale, 3) essere in possesso di un deposito di brevetto per invenzione industriale o modello di utilità (LINK). Riguardo al terzo requisito, occorre fare una riflessione. In Germania si brevetta dieci volte in più rispetto all’Italia. Se come si dice siamo un popolo di navigatori poeti, … e inventori, come mai si brevetta così poco? Ho scoperto che manca sostanzialmente una cultura brevettuale. Pochi sanno come si brevetta e quando conviene. Probabilmente sarebbe utile inserire a scuola dei corsi. La cultura non ci manca, i nostri studenti sono in gamba e molte volte eccellenti, occorre sintetizzare e mettere a frutto le intelligenze. La brevettazione consente lo sviluppo di attività imprenditoriali ad alto rendimento. Secondo le statistiche ogni anno lasciano l’Italia 50 000 giovani. Le nostre migliori intelligenze se ne vanno, è veramente assurdo. Non ci può essere futuro per una nazione se non riesce a valorizzare le sue risorse. Bisogna intervenire subito con le opportune politiche di agevolazioni, che possono anche consistere anche in costi per la collettività, perché gli investimenti di oggi saranno il reddito di domani. Se non sarà così, allora la vignetta è proprio azzeccata. È brutto dirlo quello che sta succedendo è una castrazione. Nascono pochi figli e per giunta la situazione li obbliga ad emigrare. Non è che siano in atto delle politiche di “tipo estrattivo”? Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Testo di riferimento : Daron Acemoglu James A. Robinson, Perchè le nazioni falliscono. Alle origini di potenza, prosperità, e povertà, Il saggiatore 2013.
Come mai imperi millenari invitti a tanti eventi, a un certo punto della loro storia sono crollati? È questione di ciclo naturale delle cose come la nascita, crescita, maturità, declino e morte delle specie viventi? Ci sono meccanismi che posti in atto, portano inevitabilmente ad un esito negativo? IL libro presentato è lungo, ma nella sua tesi è breve. Il successo di una nazione è favorito dalle “politiche inclusive”, è sfavorito da quelle “estrattive”, si attua per mezzo della distruzione creatrice. Gli autori intendono per “politiche inclusive“ tutte quelle azioni e istituzioni, che garantiscono l’espressione delle capacità dei propri cittadini, assicurano il rispetto della proprietà privata, un sistema giuridico imparziale ed efficiente, la possibilità di aprire nuove attività, l’implementazione di innovazioni tecnologiche, e la presenza di un sistema di istruzione efficace. Se vengono poste queste condizioni di libera espressione delle proprie capacità, lo stato prospererà. Il benessere sviluppato dalle menti e dall’ingegno dei suoi cittadini brillanti, sarà creato. Se invece il potere sarà in mano ai “soliti”, se la libera iniziativa verrà inibita, allora sarà solo questione di tempo, perché prima o poi tutte le nazioni in questo stato saranno destinate inevitabilmente a fallire. Questo è ciò che gli autori intendono per “politiche estrattive” la cui caratteristica principale è soprattutto il drenaggio della ricchezza dei cittadini. La tesi degli autori è quella in cui a una prima fase in cui troviamo la presenza di politiche inclusive, subentra una seconda in cui un’elite prende il soppravvento e comincia ad attuare politiche estrattive, nell’intento di continuare ad assicurarsi i privilegi acquisiti. In questo modo si impediscono alle capacità “imprenditoriali” di rivelarsi. La situazione diventa asfittica e porta inesorabilmente al declino. Occorre, a detta degli autori, che si presenti una terza componente, essa consiste nella “distruzione creatrice”. Con ciò si intende sostanzialmente l’abbattimento dei privilegi, degli ostacoli alla libera iniziativa, e la rimozione di quelle componenti incapaci di rinnovarsi. Con queste parole sono sintetizzate le 527 pagine del libro. Gli autori spiegano poco il perché, il come, il quando, dell’instaurarsi di queste dinamiche inclusive o estrattive ma fanno una lunga carrellata di fatti storici a dimostrazione della loro tesi. Essi evitano una dissertazione sistematica dei processi, ma lasciano parlare la storia portando innumerevoli esempi, i quali vengono letti sotto le chiavi di lettura di politiche di inclusione, politiche estrattive, e distruzione creatrice. Anche se manca questo tipo di argomentazione, colpisce l’incalzare degli esempi. Uno di questi è il caso della cittadina di Nogales situata per metà territorio nel Messico e per metà negli USA, una povera e l’altra ricca. Stessa situazione geografica, stesso tipo di popolazione, due politiche differenti e conseguentemente due tenori di vita opposti. Pensate alla Corea del nord e alla Corea del sud, stessa etnia, stessa cultura, alla fine della seconda guerra mondiale entrambe in situazione economica di povertà, ora una sta reprimendo e affamando i suoi cittadini mentre l’altra è ricca e prospera. A tal riguardo aprendo il seguente LINK è possibile vedere il confronto tra le due Coree su google immagini. Le foto e i diagrammi parlano da soli, non c’è bisogno di alcuna spiegazione. La più evidente e impressionante è la foto da satellite dell’illuminazione notturna dei due stati. Sierra Leone, Zimbabwe, Haiti, Cambogia, Laos, Repubblica Domenicana, Ecuador, Perù e tanti altri costituiscono tanti esempi in avallo a questa teoria. Ne la cultura, ne la geografia e nemmeno l’ignoranza sono la causa del declino dei popoli ma l’attuazione di politiche estrattive. Una elite di persone prende il sopravvento e per preservare senza merito il loro potere e il loro status economico, cominciano a prelevare la ricchezza dei cittadini, causano la fame e bloccano le potenzialità di rinnovamento. Nel prossimo post la seconda parte. Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY 34 BUONI PRINCIPI DA APPLICARE NEL MARKETING, NEI RAPPORTI TRA LE PERSONE E PERCHÉ NO ANCHE A SCUOLA (seconda parte) Libro di riferimento: Noah J. Goldstein, Steve J. Martin, Robert B. Cialdini, 50 segreti della scienza della persuasione, TEA 2010.
video di riferimento: LINK In questo interessante libro sono sintetizzati alcuni principi da conoscere sia in ambito di marketing, ma anche nelle relazioni umane in genere. Gli autori, persone qualificate, riuniscono in questo libro sessant'anni di ricerche scientifiche su questo argomento. Ecco la seconda parte di principi:
Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY 34 BUONI PRINCIPI DA APPLICARE NEL MARKETING, NEI RAPPORTI TRA LE PERSONE E PERCHÉ NO ANCHE A SCUOLA (prima parte) Libro di riferimento: Noah J. Goldstein, Steve J. Martin, Robert B. Cialdini, 50 segreti della scienza della persuasione, TEA 2010.
video di riferimento: LINK In questo interessante libro sono sintetizzati alcuni principi da conoscere sia in ambito di marketing, ma anche nelle relazioni umane in genere. È bene specificare che nonostante il titolo parli di persuasione, vocabolo che alle volte da noi suona come raggiro, non è così per questo testo che evidenzia invece come i comportamenti etici e onesti nel marketing siano alla lunga premiati. Gli autori, persone qualificate, riuniscono in questo libro sessant'anni di ricerche scientifiche su questo argomento. Dei 50 principi ne presento sinteticamente 34, sperando di invitare il lettore a un ulteriore lettura e approfondimento:
Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Appendini, bomboniere, giocattoli, vestiti, vestiti e ancora vestiti, libri riviste, cassette vhs, palette, chincaglieria, ricordi, creme, articoli da bagno, ecc. ecc. , quanta roba è presente nelle nostre case, ed è veramente tutta necessaria? Presento in questo post un libro intelligente, con un insegnamento profondo: butta via le cose che non ti servono e riordina le altre, cambierà così anche il tuo modo di sentirti nel mondo e affrontare la vita. Il testo di riferimento è il seguente: Marie Kondo, Il magico potere del riordino, Vallardi 2014. Viviamo in una società consumista dove possiamo acquistare tantissime cose di svariate forme, colore e grandezze, ecc., ma così facendo ci riempiamo la casa sempre più di oggetti. Sono così tanti che non sappiamo dove metterli, sono così tanti che ci soffocano, sono così tanti che potrebbero essere utili ma il tempo ci manca per usarli. Sono oggetti da ordinare, pulire, riparare e se necessario sostituire. Fino a quando non avremmo un robot che ci fa da domestico tutte queste operazioni le dobbiamo fare noi, pena il disordine. Ci viene in aiuto per questo problema il libro molto scorrevole di Marie kondo, davvero una lettura consigliatissima. Ed ecco il primo principio e il più importante del suo libro, esso consiste nello sviluppare la capacità di buttare via le cose. Proprio così, a nostro malincuore, stiamo diventando degli accumulatori e ci circondiamo di roba senza valore. Avanzando nella lettura scopri che ha assolutamente ragione, abbiamo troppe cose inutili che conserviamo e ci ostacolano. Perché ci teniamo tutte questi oggetti? Siamo proprio sicuri che ci potrebbero tornare utili? Se non le abbiamo usate fino ad ora perché dovremmo usarle un domani? Seguire una logica dell’utilità o circondarsi di cose che ci piacciono e ci danno una sensazione estetica di bellezza? Le risposte si potranno trovare nella lettura di questo libro. Emergerà anche una inaspettata verità: facendo pulizia esteriore (gettando via), influenzeremo i nostri stati d’animo e ci sentiremo sollevati, perché il distacco dalle cose implica anche un distacco dai momenti di vita precedenti, il lasciarli andare e il prepararsi con energia alle nuove situazioni dell’esistenza. Sembra una “giapponesata” (sicuramente suscita stupore la vita dell’autrice che si è specializzata vive ed è diventata famosa facendo corsi, e vendendo tantissimi libri su questo argomento), invece devo constatare che la lettura si rivela illuminante e il lettore viene preso dalla voglia di “sistemare e ordinare” immediatamente. L’autrice passa in rassegna le varie categorie di oggetti e nel descrivere i pensieri sottostanti ti senti coinvolto pienamente, quasi che l’autrice conosca casa tua. Molte testimonianze riferiscono dopo il riordino (buttare via) un senso di liberazione. Il riordino fisico, secondo l’autrice, insegna ad andare all’essenziale delle cose evitando acquisti inutili, fa cambiare il modo di concepire la propria esistenza, e porta a un profondo cambiamento interiore. Se ci pensiamo bene sono davvero poche le cose di cui abbiamo bisogno! Ecco ora qualche altro principio del suo metodo di riordino:
Se in un precedente post (http://www.insegnaredivertendosi.com/blog/gli-accumulatori-compulsivi) era stata posta attenzione al problema degli accumulatori seriali, con la presentazione di questo libro si può intravvedere una possibile soluzione, sempre che la persona sia ancora capace di dominio e libera scelta. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY CHI È A CONOSCENZA CHE NEL PERIODO TRA IL 1998 E IL 2007 SAREBBERO MORTE IN CONGO 5.400.000 PERSONE?Il testo di riferimento di questo post è il seguente: Luca Jourdan,Generazione Kalashnikov. Un antropologo dentro la guerra in Congo, Laterza 2010.
Secondo l’International Rescue Committee (https://www.rescue.org/), nel periodo 1998-2007 sarebbero morte a causa della guerra civile circa 5.400.000 persone in Congo. Le stesse cose sono sostanzialmente ribadite anche in questo articolo: http://nena-news.it/rep-dem-congo-la-guerra-dello-stupro-e-del-coltan/ In questi giorni in Europa assistiamo a un continuo flusso migratorio di persone provenienti dall’Africa e dalle zone di guerra Medio-orientali. Noi europei fatichiamo a capire il perché di questo fenomeno. Purtroppo il mondo è pieno di violenze e la nostra Europa, per quanto criticata dai suoi cittadini, con le sue politiche di welfare, il suo sviluppo e la sua organizzazione sociale risulta agli occhi di molta gente come una sorta di paradiso terrestre. Molteplici sono i motivi alla base di questa situazione. Le stesse politiche di cooperazione molte volte sono state un fallimento e certe logiche colonialiste anche se i paesi sono diventati indipendenti, continuano a imperversare. Esse sono soprattutto legate a interessi di tipo economico. Comunque sia, gli esiti delle situazioni geopolitiche si manifestano in maniera spietata, creando masse di gente vittime e incolpevoli. Un esempio di quanto detto è la guerra civile avvenuta in Congo. Il numero di morti ammazzati di cui si cita nel libro di Luca Jourdan, è una cifra da capogiro. Ebbene in questi anni i nostri telegiornali non ne hanno parlato, come mai, perché? Uccidere 5 milioni di persone non è una cosa così facile, molti saranno morti indirettamente, però il numero resta spaventosamente alto. Pensate ai nazisti che, per uccidere nei loro campi di sterminio milioni di persone hanno dovuto impiegare mezzi e risorse. Pensate alle sole fosse Ardeatine, dove si impiegò un giorno intero per compiere l’eccidio. L’uccisione di un numero così grande di persone è una realtà impressionante di cui noi in occidente praticamente siamo rimasti all’oscuro. Scandaloso! Ricordiamo il genocidio degli Armeni all’inizio del ’900, lo sterminio degli ebrei, le foibe, le Torri gemelle, giusto! E questa gente chi li ricorda, come numero sono equivalenti a 1800 Twin Towers? Ci sono drammi che in qualche modo la gente tende a non considerare, ma il sangue degli innocenti dimenticati è ugualmente rosso a quello degli altri. Per inciso, tra le tante stragi, forse molti non sanno che il Congo agli inizi del ‘900 è stato oggetto di una ferocia coloniale inaudita, e si parla di uno sterminio di persone compreso tra i tre e i dieci milioni di persone sotto la dominazione di Leopoldo II re del Belgio (https://it.wikipedia.org/wiki/Leopoldo_II_del_Belgio). In questa situazione di immigrazione forzata risultiamo sia noi che loro vittime di una insensata emergenza. Probabilmente tutti siamo sostanzialmente d’accordo nell’affermare che le persone stanno bene a casa loro, e solo per situazioni di causa maggiore sono costrette ad emigrare. Purtroppo le realtà nei loro paesi sono diventate insostenibili. Una cosa ci lascia sbalorditi, quando si tratta di fare guerra le risorse si trovano sempre e in fretta ma quando c’è da provvedere alla sussistenza della povera gente sfollata, allora si chiede l’obolo e si fanno le campagne per gli aiuti umanitari. Per esempio nella guerra libica per scalzare Gheddafi, in due giorni dalla dichiarazione Onu, Sarkozy e Blair sono stati in grado di attaccare. Ora, per fare una guerra bisogna sapere che occorrono mezzi risorse, uomini, obiettivi militari. Non si improvvisa in due giorni! Però questo è quello che è avvenuto (o almeno, quello che ci hanno raccontato). Nessuno dico nessuno ha fatto una colletta dicendo “vi prego aiutateci non abbiamo i soldi per comprare le bombe”"aiutateci a bombardare, siamo a corto di munizioni!". Per uccidere i soldi ci sono ma per le emergenze umanitarie non ce ne sono, come mai? Ed ora alcune spunti di riflessione derivanti dal libro (per una breve sintesi si veda il seguente LINK):
Spero di aver destato la vostra attenzione su questo importante libro. Un video di Silvestro Montanaro descrive una realtà simile successa in Sierra Leone e lo si può vedere al seguente LINK. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY
Ecco alcuni libri di saggistica, particolarmente interessanti, che possono essere con voi sotto l’ombrellone.
Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Il testo di riferimento di questo post è il seguente:
Andrea Baranes, Finanza per indignati, Ponte alle Grazie 2012. Nell’ultimo post ci siamo lasciati con una domanda, “che fine ha fatto lo spread?” Nel 2011 Il governo Berlusconi dovette rassegnare le dimissioni a causa del suo innalzamento. Ebbene a distanza di tempo il debito dell’Italia è aumentato e il PIL stenta ancora a partire, quindi la situazione del debito pubblico non è migliorata, anzi è peggiorata ma lo spread per adesso non è più un problema. C’erano diversi miliardi di debito ed ora sono aumentati, e a causa della crisi molte aziende hanno chiuso i battenti e non hanno più riaperto. Come mai dello spread non si sente più parlare? Come mai i mercati prezzano ora come più sicura la situazione dell’Italia? Nel frattempo è avvenuta la riforma delle pensioni Fornero e una riforma dei contratti nel mondo del lavoro. Chi le ha volute? Erano fondamentali? Lascio al lettore la risposta. Per approfondire : Paolo Ferrero, La truffa del debito pubblico, DeriveApprodi 2014. Ed ora vi presento, in ordine casuale, alcuni punti particolarmente significativi di questo libro che meritano di essere conosciuti:
Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Author: Günter Erlebach Il testo di riferimento di questo post è il seguente: Andrea Baranes, Finanza per indignati, Ponte alle Grazie 2012. Abbiamo un debito pubblico di circa 1900 miliardi, se il mercato prezza un tasso del 4% si devono pagare 76 miliardi di interessi. Per ogni punto del tasso corrispondono 19 miliardi di euro. Secondo il libro datato 2012, la BCE ha dato attraverso il piano chiamato “quantitative easing” circa 4000 miliardi alle banche per aiutarle nella ricapitalizzazione, e incentivare la ripresa economica evitando la continuazione della stretta del credito (credit crunch). Tale aiuto è ancora in atto. Se il lettore non ci crede apra i seguenti link, oppure faccia una semplice ricerca in internet : http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/07/il-megasostegno-dellue-alle-banche-4500-miliardi-di-aiuti-di-stato-in-3-anni/256429/ http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/19/draghi-se-la-bce-da-soldi-alle-banche-perche-non-finanzia-un-piano-per-loccupazione/2561464/ http://espresso.repubblica.it/affari/2016/03/10/news/la-bce-rafforza-le-misure-di-sostegno-all-economia-e-porta-il-qe-a-80-miliardi-al-mese-1.253643 Con questi soldi le banche comprano i debiti pubblici dei vari paesi secondo i tassi di interesse di mercato. Quindi nei casi dei paesi periferici (Grecia, Spagna , Portogallo, Italia, ecc) le banche con i soldi della Bce comprano il loro debito e ci guadagnano. In cambio come garanzia alla Bce mettono in pegno gli stessi titoli di debito degli stati. Ma, ma, ma che senso ha? La BCE può aiutare le banche ma per statuto “non può compiere operazioni simili e comprare titoli di Stato dei Paesi membri”. Un problema che rimanda nuovamente alle lacune del modello europeo costruito su basi neomercantili e neoliberiste. L’idea sottostante è quella che gli stati virtuosi vengono premiati dal mercato e gli altri che non lo sono vengono sollecitati ad esserlo. Sembrerebbe una cosa giusta, spendi troppo, sei una cicala, ne paghi le conseguenze, ma in realtà è un modello altamente ingiusto che favorisce chi ha già e strangola gli stati in difficoltà. È come la storia del paese dei balocchi nella favola di Pinocchio: vieni, vieni con noi che ci divertiremo, e all’indomani si ritrovano ad essere dei somari pronti per essere sfruttati. Carlo Chiostri [Public domain], via Wikimedia Commons
Pinocchio nel paese dei balocchi. Il Portogallo, la Grecia, che nel corso degli anni sono stati indotti per politiche cretine ad indebitarsi, ora nel momento della congiuntura non solo vengono aiutati ma sono sottoposti a ulteriore sforzo con piani di austerità e tagli alla spesa pubblica. Riassumendo la BCE (entità degli stati europei) crea dal nulla denaro che presta all’ 1% alle banche europee, le quali comprano il debito degli stati europei secondo il valore di mercato e cioè al 2, 4, 6, 8%, e a garanzia del debito contratto danno in pegno lo stesso debito acquisito. Stupendo! E il sostegno alle aziende, all’economia, al lavoro? Niente! Sembra che la risposta sia: è una cosa che devono fare le banche. Sono loro le preposte all’erogazione del credito, sono loro che valutano e si assumono i rischi derivanti dall’erogazione dei prestiti. Ma se hanno dimostrato di essere incapaci e sono sull’orlo del fallimento? Beh, vediamo, insomma, mah ….. La quantità del debito non dipende dal suo valore nominale ma dalla solvibilità del debitore. Se sono un imprenditore e contraggo un debito elevato che però riesco ad estinguere in fretta per le capacità produttive della mia azienda, sono migliore di colui che ha un piccolo debito ma con scarse capacità di guadagno. Non deve far paura il debito ma l’incapacità di pagarlo. Il credit crunch alle aziende è stato ed è un grandissimo veleno perché va ad intaccare il sistema produttivo alimentando una spirale depressiva e, deprimendo il mercato interno. Il credit crunch ha minato cioè la capacità di solvibilità. In parole povere, se tu fai chiudere le aziende chi ti paga le tasse? Purtroppo politiche lungimiranti di questo genere non ne abbiamo viste, e di politici che abbiano chiarezza di idee su questi argomenti ce ne sono pochi. Nel frattempo le banche come in un gigantesco casinò rincorrono quella che può sembrare l’affare di una vita e alimentano ancora nuove bolle, nuove perdite e nuove crisi. Mi sembrano tutti matti! E lo spread, che fine ha fatto lo spread che ci ha torturato tanto? È aumentato il debito, è diminuita la capacità produttiva e tutto va bene? La risposta al prossimo post. "Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione". Alcide De Gasperi. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Il testo di riferimento di questo post è il seguente: Andrea Baranes, Finanza per indignati, Ponte alle Grazie 2012. Tutti sanno che a causa della crisi generata dai mutui sub-prime il mondo è caduto in una crisi economica globale. In particolare il fallimento della banca Lehman Brothers ha causato un violento scossone alle attività finanziarie, e di conseguenza all’economia reale. L’origine è stata una allocazione insensata delle risorse nel settore immobiliare, che ha causato un’eccessiva speculazione non legata alle reali esigenze abitative. È quello che viene chiamata una bolla finanziaria, cioè una ipervalutazione di un determinato bene o settore, favorito dalla speculazione e dall’entusiasmo generale che fa credere nel buon affare della vita. Di queste ipervalutazioni inconsistenti la finanza ne ha generato molte, a partire dalla famosissima bolla dei tulipani del 1600. Il mercato un giorno prezza una cosa e un altro senza un vero motivo ne aumenta o diminuisce il valore. Prendete qualche grafico di borsa e vedrete la continua oscillazione dei prezzi anche nel breve giro di un’ora. Perché dico queste parole? Perché c’è un’idea di fondo che da tempo è presente, quella che il mercato si autoregola ed è di gran lunga migliore nella allocazione delle risorse rispetto al settore pubblico. Questi per tutta una serie di motivi, sarebbe meno attento e perspicace rispetto al mondo privato, e sarebbe la causa di un rallentamento dello sviluppo economico. Lasciamo fare ai privati, essi sono molto più svegli ed avveduti e se per caso sbagliano sono fatti loro. Ebbene questa idea (liberismo della scuola di Chicago) si è dimostrata falsa, perniciosa e, purtroppo, continua ad esserlo. Quando la Lehman Brothers è caduta si è visto che il mondo finanziario era un’enorme castello di carte a cui se non si metteva subito un sostegno, si sarebbe causato un disastro globale e una crisi ancora più spaventosa. Il settore pubblico quindi è dovuto intervenire con enormi piani di liquidità (il famoso quantitative easing), per sostenere i mercati finanziari e con essi l’economia reale. Ma come? Il tanto vituperato settore pubblico ha dovuto tappare le falle provocate dal liberismo selvaggio, ma non doveva arrangiarsi da solo? Se avete fatto caso in questi decenni c’è stato un ritornello continuo: “lo stato ha troppi debiti, deve vendere i suoi patrimoni e risanare i conti pubblici”. Così si sono vendute e privatizzate autostrade imprese e beni pubblici di tutti i generi. Questo è avvenuto in Italia ma anche in altre parti del mondo. The blind leading the blind. Oil painting after Pieter Brueg
See page for author [CC BY 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0)], via Wikimedia Commons Però siccome ora, le cose stanno andando male al settore privato (banche in particolare), adesso si invoca l’aiuto del settore pubblico, un controsenso! Se applicassimo lo stesso principio i privati dovrebbero invece vendere (o svendere) al pubblico, e in questo caso l’azione si chiama “nazionalizzazione”. Il punto comunque non sta tanto sui diritti di proprietà, ma nel fatto che il settore in questione (quello finanziario) è malato fino all’inverosimile. Mi spiego meglio: gli aiuti che sono stati dati alle banche in questi anni attraverso le varie forme di “allentamento finanziario”, non hanno promosso l’economia reale e la ripresa come si voleva, perché “rende” di più continuare a speculare con la conseguenza di generare nuove bolle. O meglio, il sistema avendo ancora le stesse regole, si muove alla stessa maniera e favorisce un’allocazione inadeguata delle risorse. Adesso per esempio visto il calo del prezzo del petrolio e i mutamenti geopolitici, sembrano in crisi molte industrie petrolifere che hanno investito nella tecnica estrattiva dello Shale (o Fracking) e con loro i finanziatori (banche). L’italia a causa della crisi ha perso il 25% della produzione industriale. Non è avvenuta solo una diminuzione della domanda ma anche un fenomeno noto come credit crunch (link video), cioè una stretta del credito. Le banche entrate in crisi a seguito della situazione generata dai mutui sub prime, avendo a disposizione meno soldi hanno stretto il credito. Una situazione insensata e assurda, è come se a una vacca che comincia a produrre meno latte tu diminuisca il foraggio. Ecco , la stessa identica cosa è avvenuta in Europa. Si sono lasciate fallire aziende sane che presentavano un rischio esiguo, semplicemente perché tutto era diventato improvvisamente pericoloso. Ricordiamoci però, che quando un’azienda chiude se ne va con lei tutto il Know-how, (il bagaglio di conoscenze) che difficilmente si riesce poi a far ripartire. Chi ha difeso queste strutture produttive? Nessuno! Si poteva fare? Certo! La risposta la darò nel prossimo post. In questo tempo l’impressione, quella più buona possibile, è quella di essere guidati da ciechi che guidano altri ciechi. Mentre quella cattiva è che la situazione di povertà, disoccupazione e conflitti sociali sia volutamente perseguita. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Paola Liberace, Contro gli asili nido. Politiche di conciliazione e libertà di educazione, Rubbettino 2009. |
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