Testo di riferimento: Diego De Vita, brevettare facile, Esselibri-Simone 2010.
Sito web: www.uibm.gov.it Video: link1, link2, link3. Una domanda di brevetto può essere presentata a livello europeo, in una delle tre lingue consentite che sono il francese, il tedesco o l’inglese. In tal modo con un’unica istanza si riesce ad ottenere una protezione iniziale in 40 paesi che hanno aderito a questa convenzione. Passato un certo periodo occorre, però, valutare se la richiesta in tutti i paesi o in parte di essi è sostenibile, perché bisogna pagare le rispettive tasse e questo può essere molto oneroso. Se uno deposita la domanda in Italia è particolarmente facilitato perché occorrono soli 50 euro di pagamento per via telematica, o 200 se si deposita presso una delle camere di commercio. Il costo della ricerca di anteriorità che viene svolta a Monaco dall’EPO è a carico del ministero dello sviluppo economico italiano, il quale pur di incentivare l’innovazione si prende in carico questo onere. Se entro dodici mesi dal deposito della domanda italiana, inoltre, la si estende a livello europeo l’invenzione rimane protetta a costo nullo per altri 18 mesi. In questo tempo il depositario della domanda ha modo di verificare se la sua idea è appettibile al mercato e può fare le scelte più opportune. REDIGERE UN BREVETTO Nell’approntare la redazione di un brevetto occorre farsi alcune domande iniziali in modo da avere le idee chiare il più possibile. Esse sono:
Il 30% delle domande presentate presso gli uffici, cercano la protezione giuridica per invenzioni già conosciute, e sono quindi un inutile spreco di denaro. Per sincerarsi sulla novità della propria invenzione occorre fare una ricerca preliminare molto approfondita, presso alcuni database di libero accesso, di cui i principali sono:
Una volta appurato il più possibile il requisito di novità della propria invenzione si può procedere alla stesura dei documenti richiesti per la domanda. Nel mio caso, data l’inesperienza ho fatto una buona ricerca ma non sufficiente. Avrei potuto rivolgermi almeno a un “incubatore di impresa”, per verificare con maggiore certezza la validità della mia ricerca, ma la scarsa fiducia nel valore della mia invenzione mi ha fatto desistere. Invece le cose non stavano così, la mia idea alla prova dei fatti era buona, ed inoltre esisteva già un deposito simile al mio ma meno performante. Questo ha comportato alcuni problemi (speriamo nel frattempo di averli risolti) che potevano essere evitati nel caso mi fossi affidato a una consulenza professionale. Perciò il mio consiglio è di curare per bene questo aspetto che vi permette di verificare il preesistente e di definire successivamente le caratteristiche innovative della vostra invenzione. Presso “l’incubatore di impresa” della mia zona con 350 euro avrei potuto fare la ricerca d’anteriorità e con ulteriore 250 euro avrei avuto la revisione e correzione dei documenti da presentare per il deposito della domanda. Con un costo totale di 650 euro perciò avrei avuto un deposito brevettuale italiano dotato di una certa qualità e capace di superare il successivo esame utile per il rilascio del brevetto. Nel prossimo post si spiegherà la redazione dei documenti utili per il deposito della domanda di brevetto per invenzione industriale. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Moka.steam.png: Sam Fentress
Testo di riferimento: Diego De Vita, brevettare facile, Esselibri-Simone 2010. Sito web: www.uibm.gov.it Come detto in un precedente articolo nel 2012 è stata promulgata la legge 221 recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, tra cui la possibilità di creazione di startup innovative. Per poterle creare occorre essere in possesso di almeno uno dei tre seguenti requisiti: 1) destinare come minimo il 15% del bilancio in ricerca o sviluppo, 2) avere nella propria forza lavoro almeno due terzi di personale con laurea magistrale, 3) essere in possesso di un deposito di brevetto per invenzione industriale o modello di utilità (LINK). Che senso ha il primo requisito? Perché dedicare parte del bilancio in ricerca e sviluppo se non per inventare cose nuove, e conseguentemente brevettarle. Il secondo è analogo al primo, infatti si suppone che persone altamente qualificate possano essere portatori di nuove idee che conseguentemente poi per tutelarle le brevettino. Il terzo requisito è il più esplicito, se si è in possesso di una privativa industriale si è nella condizione di essere agevolati nella creazione di una startup innovativa. Brevettare è importante, perché si presuppone in generale, con la presenza di una esclusiva, un alto valore aggiunto, e con questo anche un rilancio dell’economia. Ho scoperto però, che la cultura brevettuale in generale non è molto diffusa. Come ho detto in precedenza, io sono depositario di una domanda di brevetto per invenzione industriale (LINK), e la mia esperienza mi ha portato a conoscere molte persone, commercianti, imprenditori, insegnanti delle superiori, docenti universitari e tanti altri, ed ho rilevato una rilevante ignoranza riguardo alla brevettazione. Generalizzare un’esperienza personale non è metro di misura per accertare le cose, però forse non si è tanto lontani! Per questo desidero recensire e presentare per sommi capi il libro menzionato sopra. La Cina è diventata leader mondiale per domande di brevetto nel 2009, superando gli americani. In Italia contrariamente a quanto pensiamo, brevettiamo poco. A volte ciò può essere utile perché il deposito e il mantenimento di un brevetto può essere costoso. Tuttavia conoscere i diritti altrui e saper proteggere i propri interessi attraverso la conoscenza del diritto brevettuale è opportuno. Non basta avere capacità inventive, occorre anche conoscere la forma giuridica per proteggere le proprie invenzioni, soprattutto perché molte volte gli oggetti sotto tutela brevettuale possono comportare un alto valore aggiunto. CHE COSA è IL BREVETTO Il brevetto è un diritto di monopolio su una tecnologia. Lo stato, definiti certi requisiti, si impegna a proteggere la vostra idea da altri che possono copiare e vi dà un monopolio di produzione e commercializzazione. Il brevetto è di fatto un atto di proprietà intellettuale, con una durata temporale (20 anni per il brevetto industriale e 10 anni per il modello di utilità) in un determinato territorio. I brevetti presenti presso una nazione non sono riconosciuti automaticamente dagli altri stati perché non ci sono degli accordi di reciprocità e in teoria bisogna presentare una domanda presso ogni nazione. Ci sono però delle scorciatoie, ossia degli accordi internazionali che raggruppano diversi stati. Alcuni di essi sono: il brevetto europeo (raggruppa 36 paesi), l’ufficio africano per la proprietà industriale (OAPI), ARIPO, il PCT. Per saperne di si consiglia di consultare i siti www.epo.org www.wipo.int www.eapo.org Solo se si è in regola con il pagamento delle tasse all’interno del territorio in cui si è richiesto il brevetto si può esercitare il diritto di tutela dalla contraffazione. A livello europeo non si possono brevettare:
Al contrario si possono brevettare tutti gli apparecchi o metodi che risolvono un problema tecnico e che non fanno parte delle categorie sopradescritte. I tre criteri fondamentali per ottenere un brevetto europeo sono:
Questa prima parte finisce qui. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Testo di riferimento : Daron Acemoglu James A. Robinson, Perchè le nazioni falliscono. Alle origini di potenza, prosperità, e povertà, Il saggiatore 2013.
Video: Link Venezia, dice il libro, nel medioevo forse era la città più ricca del mondo. Nel 1300 aveva la stessa popolazione di Parigi e tre volte quella di Londra. Essa implementò durante in questo periodo istituzioni politiche ed economiche inclusive, ma successivamente una ristretta elite esercitò un monopolio involutivo, che di fatto la portò alla rovina. Mi ha sempre sorpreso in Veneto lo sviluppo urbano. Risulta molto evidente in certi paesi la villa padronale al centro e poi come la gramigna o l’edera sugli alberi un agglomerato informe di case. Molte volte si menziona la storia della repubblica di Venezia come qualcosa di glorioso da riesumare. Ci si dimentica che la repubblica veneziana è caduta perché era in mano a una asfittica e oligarchica elite di famiglie. C’erano pochi signori con delle grandi e stupende ville, e una pletora di popolo insediata ai bordi dei loro poderi o di qualche argine di fiume. Quando è arrivato Napoleone è finito tutto, si sono consegnati al nuovo padrone, giustamente senza opporre resistenza, ma se non ci fosse stato lui, ne sarebbe arrivato un altro, era solo questione di tempo, la situazione era ormai indebolita e non avrebbe saputo resistere agli scossoni della storia. Dove sono finite le grandi famiglie padronali del Veneto, che fine hanno fatto? Quando le istituzioni non assicurano la difesa della libera attività ed espressione dei suoi cittadini non si va molto lontano. Se non si lotta e si difendono le istituzioni inclusive il destino è segnato per tutti. E in Italia? Facciamoci la domanda, che politiche ci sono? Nascono pochi figli, con molti sacrifici li facciamo studiare e poi se ne vanno all’estero perché qui non ci sono possibilità. Che paese è, quando ai suoi figli non dà modo di esprimere le proprie capacità, inclinazioni e creatività? Sembra che la scuola italiana, nonostante tante critiche, sia di buon livello. Gli studenti usciti dalle nostre università sono ricercati all’estero per la loro preparazione (LINK). Come mai invece, è difficile inserirsi nella nostra realtà produttiva? Nel 2012 è uscita l’interessante legge 221 recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese tra cui la possibilità di creazione di startup innovative. Essa consente di avere agevolazioni e sgravi fiscali per chi fa nascere un’impresa a carattere innovativo. Per poterla creare occorre essere in possesso di almeno uno dei tre seguenti requisiti: 1) destinare come minimo il 15% del bilancio in ricerca o sviluppo, 2) avere nella propria forza lavoro almeno due terzi di personale con laurea magistrale, 3) essere in possesso di un deposito di brevetto per invenzione industriale o modello di utilità (LINK). Riguardo al terzo requisito, occorre fare una riflessione. In Germania si brevetta dieci volte in più rispetto all’Italia. Se come si dice siamo un popolo di navigatori poeti, … e inventori, come mai si brevetta così poco? Ho scoperto che manca sostanzialmente una cultura brevettuale. Pochi sanno come si brevetta e quando conviene. Probabilmente sarebbe utile inserire a scuola dei corsi. La cultura non ci manca, i nostri studenti sono in gamba e molte volte eccellenti, occorre sintetizzare e mettere a frutto le intelligenze. La brevettazione consente lo sviluppo di attività imprenditoriali ad alto rendimento. Secondo le statistiche ogni anno lasciano l’Italia 50 000 giovani. Le nostre migliori intelligenze se ne vanno, è veramente assurdo. Non ci può essere futuro per una nazione se non riesce a valorizzare le sue risorse. Bisogna intervenire subito con le opportune politiche di agevolazioni, che possono anche consistere anche in costi per la collettività, perché gli investimenti di oggi saranno il reddito di domani. Se non sarà così, allora la vignetta è proprio azzeccata. È brutto dirlo quello che sta succedendo è una castrazione. Nascono pochi figli e per giunta la situazione li obbliga ad emigrare. Non è che siano in atto delle politiche di “tipo estrattivo”? Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Testo di riferimento : Daron Acemoglu James A. Robinson, Perchè le nazioni falliscono. Alle origini di potenza, prosperità, e povertà, Il saggiatore 2013.
Come mai imperi millenari invitti a tanti eventi, a un certo punto della loro storia sono crollati? È questione di ciclo naturale delle cose come la nascita, crescita, maturità, declino e morte delle specie viventi? Ci sono meccanismi che posti in atto, portano inevitabilmente ad un esito negativo? IL libro presentato è lungo, ma nella sua tesi è breve. Il successo di una nazione è favorito dalle “politiche inclusive”, è sfavorito da quelle “estrattive”, si attua per mezzo della distruzione creatrice. Gli autori intendono per “politiche inclusive“ tutte quelle azioni e istituzioni, che garantiscono l’espressione delle capacità dei propri cittadini, assicurano il rispetto della proprietà privata, un sistema giuridico imparziale ed efficiente, la possibilità di aprire nuove attività, l’implementazione di innovazioni tecnologiche, e la presenza di un sistema di istruzione efficace. Se vengono poste queste condizioni di libera espressione delle proprie capacità, lo stato prospererà. Il benessere sviluppato dalle menti e dall’ingegno dei suoi cittadini brillanti, sarà creato. Se invece il potere sarà in mano ai “soliti”, se la libera iniziativa verrà inibita, allora sarà solo questione di tempo, perché prima o poi tutte le nazioni in questo stato saranno destinate inevitabilmente a fallire. Questo è ciò che gli autori intendono per “politiche estrattive” la cui caratteristica principale è soprattutto il drenaggio della ricchezza dei cittadini. La tesi degli autori è quella in cui a una prima fase in cui troviamo la presenza di politiche inclusive, subentra una seconda in cui un’elite prende il soppravvento e comincia ad attuare politiche estrattive, nell’intento di continuare ad assicurarsi i privilegi acquisiti. In questo modo si impediscono alle capacità “imprenditoriali” di rivelarsi. La situazione diventa asfittica e porta inesorabilmente al declino. Occorre, a detta degli autori, che si presenti una terza componente, essa consiste nella “distruzione creatrice”. Con ciò si intende sostanzialmente l’abbattimento dei privilegi, degli ostacoli alla libera iniziativa, e la rimozione di quelle componenti incapaci di rinnovarsi. Con queste parole sono sintetizzate le 527 pagine del libro. Gli autori spiegano poco il perché, il come, il quando, dell’instaurarsi di queste dinamiche inclusive o estrattive ma fanno una lunga carrellata di fatti storici a dimostrazione della loro tesi. Essi evitano una dissertazione sistematica dei processi, ma lasciano parlare la storia portando innumerevoli esempi, i quali vengono letti sotto le chiavi di lettura di politiche di inclusione, politiche estrattive, e distruzione creatrice. Anche se manca questo tipo di argomentazione, colpisce l’incalzare degli esempi. Uno di questi è il caso della cittadina di Nogales situata per metà territorio nel Messico e per metà negli USA, una povera e l’altra ricca. Stessa situazione geografica, stesso tipo di popolazione, due politiche differenti e conseguentemente due tenori di vita opposti. Pensate alla Corea del nord e alla Corea del sud, stessa etnia, stessa cultura, alla fine della seconda guerra mondiale entrambe in situazione economica di povertà, ora una sta reprimendo e affamando i suoi cittadini mentre l’altra è ricca e prospera. A tal riguardo aprendo il seguente LINK è possibile vedere il confronto tra le due Coree su google immagini. Le foto e i diagrammi parlano da soli, non c’è bisogno di alcuna spiegazione. La più evidente e impressionante è la foto da satellite dell’illuminazione notturna dei due stati. Sierra Leone, Zimbabwe, Haiti, Cambogia, Laos, Repubblica Domenicana, Ecuador, Perù e tanti altri costituiscono tanti esempi in avallo a questa teoria. Ne la cultura, ne la geografia e nemmeno l’ignoranza sono la causa del declino dei popoli ma l’attuazione di politiche estrattive. Una elite di persone prende il sopravvento e per preservare senza merito il loro potere e il loro status economico, cominciano a prelevare la ricchezza dei cittadini, causano la fame e bloccano le potenzialità di rinnovamento. Nel prossimo post la seconda parte. Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY |
Archives
Febbraio 2022
Categories
|