Ishmael Bea, Memorie di un soldato bambino, Neri Pozza 2008. Nella sua tristezza è un libro bellissimo. Uno dei più belli che ho letto. Siamo vicini come intensità, pur nella differenza di tema a "Se questo è un uomo" di Primo Levi, o al "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern L'autore racconta la sua storia, prima di fuggitivo dalla guerra e poi di combattente bambino, tra i ribelli della Sierra Leone. La lettura di queste pagine è un urlo contro tutte le ingiustizie del mondo. Dal punto di vista narrativo la lettura è accativante e si legge tutto di un fiato. Voto 10. Kevin Bales - I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, Feltrinelli 2002. Si tratta di un libro molto duro in cui vengono descritti alcune delle peggiori schiavitù della terra, sono 27 milioni gli schiavi nel mondo. Sembra impossibile ma è così. All’inizio la triste la storia di una ragazzina portata via dal Malì, e costretta a fare la schiava a Parigi. Successivamente i matrimoni combinati in Pakistan e il pericolo di essere uccisi per non aver ottemperato alla volontà dei genitori. Poi si narra, degli "schiavi" in India che lavorano per fare i mattoni. In un paese in piena espansione edilizia, i materiali da costruzione sono richiestissimi, e lo sfruttamento di essere umani è garantito. Poi è la volta della Mauritania dove la legge contro la schiavitù è stata promulgata 4 volte, segno di una continua disattesa della sua prescrizione. Per ultimo il Brasile dove ci sono dei posti orrendi, in cui si produce il carbone vegetale che usiamo solitamente per il nostro barbecue, ma che proviene da massicce campagne di disboscamento che devastano il territorio e sfruttano gli essere umani. Voto 7. Grichka Bogdanov, Igor Bogdanov, I cacciatori di numeri, Piemme 2014.
Interessantissimo libro sui numeri, sulle costanti che regolano i principi fisici e sul legame tra principi matematici e trascendenza. E' un libro interessante ma anche un pò difficile. Voto 6. Tuccillo Ziezel Peisel, L'arte di vivere i sogni, Sperling e Kupfer, Si tratta di un libro molto interessante, però senza bibliografia e parla della capacità di vivere sogni lucidi. Insinua nel lettore la possibilità di raggiungere la dote di creare dei sogni a proprio piacimento. E' molto piacevole. Voto 7. Però anteposto a questo libro c’è, Laurent Lachance, Il libro dei sogni, Garzanti (1986), dove si dice che è un illusione pensare di avere sogni lucidi a piacimento. Secondo Lachance, il sogno assolve a sette funzioni come si può facilemte leggere nel link del libro. Saluti Giuliano Mazzocco Potrà sembrare strano ma è possibile prevedere il 90% degli eventi futuri, senza rivolgersi a una chiromante o a qualche fattucchiera. Potrebbe sembrare assurda un’affermazione del genere, ma “purtroppo” è vera.
L’applicazione del metodo matematico noto come “teoria dei giochi” permette di ottenere questi risultati, non solo in qualche campo ma sostanzialmente in tutti. È quanto sostenuto dal libro: Bruce Bueno De Mesquita, L'uomo del destino, il mio metodo matematico per predire il futuro, Rizzoli 2011. Purtroppo la lettura, genera in un lettore idealista, propenso a pensare il genere umano rivolto ad evitare il male e scegliere il bene, una considerevole amarezza. L’autore docente di teoria politica alla NYU e consulente della CIA in questo libro spiega, come applicando “la teoria dei giochi”, sia possibile fare previsioni piuttosto accurate circa gli esiti futuri. Cominciando ad analizzare tutti gli attori di una determinata situazione ed assegnando in base a dei calcoli statistici una percentuale di forza, è possibile ottenere sostanzialmente delle previsioni abbastanza approssimate sugli sviluppi futuri. Il presupposto di base all’origine di tutto è sostanzialmente un approccio utilitaristico, il quale, detto in maniera semplice, significa che gli uomini tendono a fare i propri interessi. Il libro passa in rassegna alla luce di questa teoria una serie di fatti storici dove dimostra la sua tesi, come nel caso di Cristoforo Colombo, dell’ascesa di Khomeini, di piazza Tienanmen e di tanto altro. Quando ho letto questo libro, Kim Jong Sun inquietava la popolazione mondiale con minacce nucleari. L’autore sosteneva che per quanto si sia dispotici non si rimane al governo senza abilità, che prevedono una catena di comando ben oliata. Contrariamente a quanto alle volte certa gente diceva, in maniera sbrigativa, definendolo “matto”, l’autore sosteneva che le sue minacce erano una strategia voluta per ottenere dei finanziamenti alla sua nazione, cosa che poi con accordi con il presidente Trump è effettivamente avvenuto. Purtroppo ho dovuto dargli ragione, le sue previsioni erano giuste. Sostanzialmente (anche se non molto esplicitato ) il processo di previsione si articola così:
Per esempio in una situazione in cui vi sono due forti contendenti, supponendo che tutti i soggetti coinvolti tendono a pensare ai propri scopi, potrebbe succedere che entrambe le forze dei contendenti si annullino, fino a favorire un terzo soggetto che nessuno avrebbe pensato avere una chance. E' un libro che fa riflettere anche se lascia una certa amarezza. L’autore inquadrando i vari fatti all’interno della teoria dei giochi, perviene alla definizione di una umanità incline a pensare solo ai propri interessi e perciò tendenzialmente emerge una visione pessimistica. Se ne consiglia la lettura. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Testo di riferimento : Daron Acemoglu James A. Robinson, Perchè le nazioni falliscono. Alle origini di potenza, prosperità, e povertà, Il saggiatore 2013.
Video: Link Venezia, dice il libro, nel medioevo forse era la città più ricca del mondo. Nel 1300 aveva la stessa popolazione di Parigi e tre volte quella di Londra. Essa implementò durante in questo periodo istituzioni politiche ed economiche inclusive, ma successivamente una ristretta elite esercitò un monopolio involutivo, che di fatto la portò alla rovina. Mi ha sempre sorpreso in Veneto lo sviluppo urbano. Risulta molto evidente in certi paesi la villa padronale al centro e poi come la gramigna o l’edera sugli alberi un agglomerato informe di case. Molte volte si menziona la storia della repubblica di Venezia come qualcosa di glorioso da riesumare. Ci si dimentica che la repubblica veneziana è caduta perché era in mano a una asfittica e oligarchica elite di famiglie. C’erano pochi signori con delle grandi e stupende ville, e una pletora di popolo insediata ai bordi dei loro poderi o di qualche argine di fiume. Quando è arrivato Napoleone è finito tutto, si sono consegnati al nuovo padrone, giustamente senza opporre resistenza, ma se non ci fosse stato lui, ne sarebbe arrivato un altro, era solo questione di tempo, la situazione era ormai indebolita e non avrebbe saputo resistere agli scossoni della storia. Dove sono finite le grandi famiglie padronali del Veneto, che fine hanno fatto? Quando le istituzioni non assicurano la difesa della libera attività ed espressione dei suoi cittadini non si va molto lontano. Se non si lotta e si difendono le istituzioni inclusive il destino è segnato per tutti. E in Italia? Facciamoci la domanda, che politiche ci sono? Nascono pochi figli, con molti sacrifici li facciamo studiare e poi se ne vanno all’estero perché qui non ci sono possibilità. Che paese è, quando ai suoi figli non dà modo di esprimere le proprie capacità, inclinazioni e creatività? Sembra che la scuola italiana, nonostante tante critiche, sia di buon livello. Gli studenti usciti dalle nostre università sono ricercati all’estero per la loro preparazione (LINK). Come mai invece, è difficile inserirsi nella nostra realtà produttiva? Nel 2012 è uscita l’interessante legge 221 recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese tra cui la possibilità di creazione di startup innovative. Essa consente di avere agevolazioni e sgravi fiscali per chi fa nascere un’impresa a carattere innovativo. Per poterla creare occorre essere in possesso di almeno uno dei tre seguenti requisiti: 1) destinare come minimo il 15% del bilancio in ricerca o sviluppo, 2) avere nella propria forza lavoro almeno due terzi di personale con laurea magistrale, 3) essere in possesso di un deposito di brevetto per invenzione industriale o modello di utilità (LINK). Riguardo al terzo requisito, occorre fare una riflessione. In Germania si brevetta dieci volte in più rispetto all’Italia. Se come si dice siamo un popolo di navigatori poeti, … e inventori, come mai si brevetta così poco? Ho scoperto che manca sostanzialmente una cultura brevettuale. Pochi sanno come si brevetta e quando conviene. Probabilmente sarebbe utile inserire a scuola dei corsi. La cultura non ci manca, i nostri studenti sono in gamba e molte volte eccellenti, occorre sintetizzare e mettere a frutto le intelligenze. La brevettazione consente lo sviluppo di attività imprenditoriali ad alto rendimento. Secondo le statistiche ogni anno lasciano l’Italia 50 000 giovani. Le nostre migliori intelligenze se ne vanno, è veramente assurdo. Non ci può essere futuro per una nazione se non riesce a valorizzare le sue risorse. Bisogna intervenire subito con le opportune politiche di agevolazioni, che possono anche consistere anche in costi per la collettività, perché gli investimenti di oggi saranno il reddito di domani. Se non sarà così, allora la vignetta è proprio azzeccata. È brutto dirlo quello che sta succedendo è una castrazione. Nascono pochi figli e per giunta la situazione li obbliga ad emigrare. Non è che siano in atto delle politiche di “tipo estrattivo”? Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Testo di riferimento : Daron Acemoglu James A. Robinson, Perchè le nazioni falliscono. Alle origini di potenza, prosperità, e povertà, Il saggiatore 2013.
Come mai imperi millenari invitti a tanti eventi, a un certo punto della loro storia sono crollati? È questione di ciclo naturale delle cose come la nascita, crescita, maturità, declino e morte delle specie viventi? Ci sono meccanismi che posti in atto, portano inevitabilmente ad un esito negativo? IL libro presentato è lungo, ma nella sua tesi è breve. Il successo di una nazione è favorito dalle “politiche inclusive”, è sfavorito da quelle “estrattive”, si attua per mezzo della distruzione creatrice. Gli autori intendono per “politiche inclusive“ tutte quelle azioni e istituzioni, che garantiscono l’espressione delle capacità dei propri cittadini, assicurano il rispetto della proprietà privata, un sistema giuridico imparziale ed efficiente, la possibilità di aprire nuove attività, l’implementazione di innovazioni tecnologiche, e la presenza di un sistema di istruzione efficace. Se vengono poste queste condizioni di libera espressione delle proprie capacità, lo stato prospererà. Il benessere sviluppato dalle menti e dall’ingegno dei suoi cittadini brillanti, sarà creato. Se invece il potere sarà in mano ai “soliti”, se la libera iniziativa verrà inibita, allora sarà solo questione di tempo, perché prima o poi tutte le nazioni in questo stato saranno destinate inevitabilmente a fallire. Questo è ciò che gli autori intendono per “politiche estrattive” la cui caratteristica principale è soprattutto il drenaggio della ricchezza dei cittadini. La tesi degli autori è quella in cui a una prima fase in cui troviamo la presenza di politiche inclusive, subentra una seconda in cui un’elite prende il soppravvento e comincia ad attuare politiche estrattive, nell’intento di continuare ad assicurarsi i privilegi acquisiti. In questo modo si impediscono alle capacità “imprenditoriali” di rivelarsi. La situazione diventa asfittica e porta inesorabilmente al declino. Occorre, a detta degli autori, che si presenti una terza componente, essa consiste nella “distruzione creatrice”. Con ciò si intende sostanzialmente l’abbattimento dei privilegi, degli ostacoli alla libera iniziativa, e la rimozione di quelle componenti incapaci di rinnovarsi. Con queste parole sono sintetizzate le 527 pagine del libro. Gli autori spiegano poco il perché, il come, il quando, dell’instaurarsi di queste dinamiche inclusive o estrattive ma fanno una lunga carrellata di fatti storici a dimostrazione della loro tesi. Essi evitano una dissertazione sistematica dei processi, ma lasciano parlare la storia portando innumerevoli esempi, i quali vengono letti sotto le chiavi di lettura di politiche di inclusione, politiche estrattive, e distruzione creatrice. Anche se manca questo tipo di argomentazione, colpisce l’incalzare degli esempi. Uno di questi è il caso della cittadina di Nogales situata per metà territorio nel Messico e per metà negli USA, una povera e l’altra ricca. Stessa situazione geografica, stesso tipo di popolazione, due politiche differenti e conseguentemente due tenori di vita opposti. Pensate alla Corea del nord e alla Corea del sud, stessa etnia, stessa cultura, alla fine della seconda guerra mondiale entrambe in situazione economica di povertà, ora una sta reprimendo e affamando i suoi cittadini mentre l’altra è ricca e prospera. A tal riguardo aprendo il seguente LINK è possibile vedere il confronto tra le due Coree su google immagini. Le foto e i diagrammi parlano da soli, non c’è bisogno di alcuna spiegazione. La più evidente e impressionante è la foto da satellite dell’illuminazione notturna dei due stati. Sierra Leone, Zimbabwe, Haiti, Cambogia, Laos, Repubblica Domenicana, Ecuador, Perù e tanti altri costituiscono tanti esempi in avallo a questa teoria. Ne la cultura, ne la geografia e nemmeno l’ignoranza sono la causa del declino dei popoli ma l’attuazione di politiche estrattive. Una elite di persone prende il sopravvento e per preservare senza merito il loro potere e il loro status economico, cominciano a prelevare la ricchezza dei cittadini, causano la fame e bloccano le potenzialità di rinnovamento. Nel prossimo post la seconda parte. Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Il testo di riferimento di questo post è il seguente:
Andrea Baranes, Finanza per indignati, Ponte alle Grazie 2012. Nell’ultimo post ci siamo lasciati con una domanda, “che fine ha fatto lo spread?” Nel 2011 Il governo Berlusconi dovette rassegnare le dimissioni a causa del suo innalzamento. Ebbene a distanza di tempo il debito dell’Italia è aumentato e il PIL stenta ancora a partire, quindi la situazione del debito pubblico non è migliorata, anzi è peggiorata ma lo spread per adesso non è più un problema. C’erano diversi miliardi di debito ed ora sono aumentati, e a causa della crisi molte aziende hanno chiuso i battenti e non hanno più riaperto. Come mai dello spread non si sente più parlare? Come mai i mercati prezzano ora come più sicura la situazione dell’Italia? Nel frattempo è avvenuta la riforma delle pensioni Fornero e una riforma dei contratti nel mondo del lavoro. Chi le ha volute? Erano fondamentali? Lascio al lettore la risposta. Per approfondire : Paolo Ferrero, La truffa del debito pubblico, DeriveApprodi 2014. Ed ora vi presento, in ordine casuale, alcuni punti particolarmente significativi di questo libro che meritano di essere conosciuti:
Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Il testo di riferimento di questo post è il seguente: Andrea Baranes, Finanza per indignati, Ponte alle Grazie 2012. Tutti sanno che a causa della crisi generata dai mutui sub-prime il mondo è caduto in una crisi economica globale. In particolare il fallimento della banca Lehman Brothers ha causato un violento scossone alle attività finanziarie, e di conseguenza all’economia reale. L’origine è stata una allocazione insensata delle risorse nel settore immobiliare, che ha causato un’eccessiva speculazione non legata alle reali esigenze abitative. È quello che viene chiamata una bolla finanziaria, cioè una ipervalutazione di un determinato bene o settore, favorito dalla speculazione e dall’entusiasmo generale che fa credere nel buon affare della vita. Di queste ipervalutazioni inconsistenti la finanza ne ha generato molte, a partire dalla famosissima bolla dei tulipani del 1600. Il mercato un giorno prezza una cosa e un altro senza un vero motivo ne aumenta o diminuisce il valore. Prendete qualche grafico di borsa e vedrete la continua oscillazione dei prezzi anche nel breve giro di un’ora. Perché dico queste parole? Perché c’è un’idea di fondo che da tempo è presente, quella che il mercato si autoregola ed è di gran lunga migliore nella allocazione delle risorse rispetto al settore pubblico. Questi per tutta una serie di motivi, sarebbe meno attento e perspicace rispetto al mondo privato, e sarebbe la causa di un rallentamento dello sviluppo economico. Lasciamo fare ai privati, essi sono molto più svegli ed avveduti e se per caso sbagliano sono fatti loro. Ebbene questa idea (liberismo della scuola di Chicago) si è dimostrata falsa, perniciosa e, purtroppo, continua ad esserlo. Quando la Lehman Brothers è caduta si è visto che il mondo finanziario era un’enorme castello di carte a cui se non si metteva subito un sostegno, si sarebbe causato un disastro globale e una crisi ancora più spaventosa. Il settore pubblico quindi è dovuto intervenire con enormi piani di liquidità (il famoso quantitative easing), per sostenere i mercati finanziari e con essi l’economia reale. Ma come? Il tanto vituperato settore pubblico ha dovuto tappare le falle provocate dal liberismo selvaggio, ma non doveva arrangiarsi da solo? Se avete fatto caso in questi decenni c’è stato un ritornello continuo: “lo stato ha troppi debiti, deve vendere i suoi patrimoni e risanare i conti pubblici”. Così si sono vendute e privatizzate autostrade imprese e beni pubblici di tutti i generi. Questo è avvenuto in Italia ma anche in altre parti del mondo. The blind leading the blind. Oil painting after Pieter Brueg
See page for author [CC BY 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0)], via Wikimedia Commons Però siccome ora, le cose stanno andando male al settore privato (banche in particolare), adesso si invoca l’aiuto del settore pubblico, un controsenso! Se applicassimo lo stesso principio i privati dovrebbero invece vendere (o svendere) al pubblico, e in questo caso l’azione si chiama “nazionalizzazione”. Il punto comunque non sta tanto sui diritti di proprietà, ma nel fatto che il settore in questione (quello finanziario) è malato fino all’inverosimile. Mi spiego meglio: gli aiuti che sono stati dati alle banche in questi anni attraverso le varie forme di “allentamento finanziario”, non hanno promosso l’economia reale e la ripresa come si voleva, perché “rende” di più continuare a speculare con la conseguenza di generare nuove bolle. O meglio, il sistema avendo ancora le stesse regole, si muove alla stessa maniera e favorisce un’allocazione inadeguata delle risorse. Adesso per esempio visto il calo del prezzo del petrolio e i mutamenti geopolitici, sembrano in crisi molte industrie petrolifere che hanno investito nella tecnica estrattiva dello Shale (o Fracking) e con loro i finanziatori (banche). L’italia a causa della crisi ha perso il 25% della produzione industriale. Non è avvenuta solo una diminuzione della domanda ma anche un fenomeno noto come credit crunch (link video), cioè una stretta del credito. Le banche entrate in crisi a seguito della situazione generata dai mutui sub prime, avendo a disposizione meno soldi hanno stretto il credito. Una situazione insensata e assurda, è come se a una vacca che comincia a produrre meno latte tu diminuisca il foraggio. Ecco , la stessa identica cosa è avvenuta in Europa. Si sono lasciate fallire aziende sane che presentavano un rischio esiguo, semplicemente perché tutto era diventato improvvisamente pericoloso. Ricordiamoci però, che quando un’azienda chiude se ne va con lei tutto il Know-how, (il bagaglio di conoscenze) che difficilmente si riesce poi a far ripartire. Chi ha difeso queste strutture produttive? Nessuno! Si poteva fare? Certo! La risposta la darò nel prossimo post. In questo tempo l’impressione, quella più buona possibile, è quella di essere guidati da ciechi che guidano altri ciechi. Mentre quella cattiva è che la situazione di povertà, disoccupazione e conflitti sociali sia volutamente perseguita. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY R. Cascioli, A.Gaspari, Le bugie degli ambientalisti. I falsi allarmismi dei movimenti ecologisti. Vol. 2 Segnalo alcuni punti derivanti dalla lettura di questo libro (discutibile in alcune affermazioni), le cui considerazioni lascio al lettore. Tempo fa la mobilità era tutta imperniata sull’uso degli animali e in particolare del cavallo, ma non senza problemi. Si calcola (fonte LINK ma anche tanti altri siti), a New York nel 1880 una circolazione di circa 180.000 cavalli, ognuno dei quali produceva dai 10-12 kg al giorno di escrementi e in più diversi litri di urina. Molti animali inoltre morivano (circa 15000) durante il loro uso e venivano abbandonati ai margini della strada, per cui a un certo punto si istituì un servizio di rimozione carcasse. Le strade erano piene di sterco di animale tanto che il giornale “Times” fece la previsione che continuando così in cinquant’anni le strade di Londra sarebbero state sommerse da tre metri di letame. Le stesse cose succedevano grossomodo in tutte le città europee. Immaginate gli odori, immaginate quando pioveva, immaginate cosa significava passeggiare in città, meglio l’inquinamento moderno? In Cina se uccidi un panda è prevista la pena di morte e ugualmente per chi ne commercia le pelli. Se una donna abortiva anche al nono mese nel rispetto del programma del figlio unico, veniva gratificata con agevolazioni economiche. Cosa ne pensi? In Giappone è stato inaugurato un hotel a cinque stelle per animali vicino all’aeroporto di Tokyo. La tariffa giornaliera oscilla tra i 28,5 e i 143 euro giornalieri. Tutte le stanze hanno i condizionatori e i purificatori dell’aria. Cosa ne pensi? È proprio vero che una volta si viveva meglio? Nell’antichità al tempo dei romani il problema numero uno riguardava lo smaltimento degli escrementi umani. Chi viveva ai piani alti delle abitazioni solitamente gettava i rifiuti dalle finestre. …. In epoca tardo medioevale nelle strade si gettavano rifiuti, escrementi e immondizia varia che si decomponeva e formava una melma ripugnante (LINK). ….. A Parigi era obbligatorio avvisare le persone della strada gridando tre volte attenti, attenti, prima di svuotare i vasi da notte. Le conseguenze sanitarie sono facilmente comprensibili! Viviamo meglio al giorno d’oggi? Come si vivrà nel futuro? Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Nella prima guerra mondiale dal suo inizio e fino al 1916, l’Inghilterra non ricorse alla coscrizione. Non ce n’era bisogno, frotte di volontari si offrivano spontaneamente, e se per caso fuori dall’ufficio di reclutamento era presente una banda che suonava motivi nazionalistici, le file aumentavano ancora di più. Tutti pronti per andare a farsi dilaniare, squartare, sparare, bombardare, gassare. Tutti pronti per perdere la vita, braccia, gambe, pancia, visceri e quant’altro. Se qualcuno evitava il reclutamento gli venivano consegnate le 4 piume della codardia e del disonore, così come veniva descritto nell’omonimo film (LINK). Tutti pronti per far diventare tanti bambini orfani e generare una marea di vedove. La gente era presa da una euforia così forte che con fatica anche gli stessi pacifisti stentavano a sottrarsi a questo clima di follia collettivo. (fonte: Ferguson N, Il grido dei morti. La prima guerra mondiale: il più atroce conflitto di ogni tempo, Mondadori 2014). La grande guerra provocò 9 milioni di morti e 20 milioni di feriti, distrusse imperi e monarchie, e pose le basi per il malcontento, il disordine sociale ed economico dell’Europa, che la portò di nuovo in guerra 20 anni più tardi. Già dopo tre anni dalla fine del combattimento in Italia si affacciò il fascismo. Ogni tanto serpeggia in giro un rinnovato militarismo, pensato come risolutore di una situazione non più tollerabile e ci si dimentica degli esiti infausti. Tra questi quelli che la tradizione ci ha consegnato come gli scemi di guerra. Tante persone che tornarono con le menti sconvolte, incapaci di riprendere una vita normale. Guardatevi i due brevi video qui sotto per inquadrare maggiormente l’argomento: Stress da bombardamento nella "Grande Guerra" Scemi di guerra. La follia nelle trincee Attualmente questo fenomeno è chiamato DPTS (disturbo post traumatico da stress), sembra una cosa di poche percentuali. In realtà, almeno per gli Stati Uniti, come segnalato anche dall’articolo della Stampa al seguente LINK, in questi periodi muoiono più veterani ritornati in patria che soldati al fronte.
Se si fa una ricerca in internet potrete constatare la drammaticità della questione. Negli anni imminenti allo scoppio della prima guerra mondiale l’odio tra le nazioni era diventato così viscerale e insopportabile che tutti inneggiavano al combattimento. Si direbbe che la coscienza collettiva della gente sia andata fuori di senno. Dopo 100 anni siamo, nonostante permangono delle frizioni e dei nazionalismi, un’unica entità politica. Per chi hanno combattuto quei giovani, che cosa ci hanno consegnato di “stecca”, quale insegnamento dobbiamo trarre dalla loro morte? Nuovi nemici spuntano all’orizzonte, attentati, vittime, bombardamenti. Si stanno forse coltivando gli stessi semi (scemi) di odio del passato, nascondendo interessi economici, geopolitici o altro? Per approfondire: Hasting M, Catastrofe 1914. L'Europa in guerra, Neri Pozza 2014. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Due libri ( Bressanini Dario, Le bugie nel carrello. Le leggende e i trucchi del marketing sul cibo che compriamo, Chiarellettere 2013; Bressanini Dario, Pane e bugie, Chiarelettere 2013) un po’ in controtendenza stimolano la nostra attenzione sui raggiri che ci possono esserci nella nostra spesa quotidiana e ci invitano ad essere più oculati.
Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Siamo abituati a leggere la storia dal punto di vista della conquista e della gestione del potere, sembra che la storia giri intorno alle guerre, alle battaglie e a chi comanda. Un libro insolito analizza lo sviluppo dell’uomo a partire dai suoi sviluppi alimentari: Tom Standage, una storia commestibile dell'umanità, Codice edizioni, Torino 2010. Si sarebbero potuto combattere le grandi guerre del passato se gli uomini fossero rimasti raccoglitori e cacciatori? Cosa ha comportato lo sviluppo dell’agricoltura? Chi coltivava il cibo? Un ettaro di terra produceva mediamente in Italia circa 12 quintali di frumento ad inizio del 1900, ora la produzione arriva anche a 60 o di più. Di chi è il merito? Potrebbe la terra dare sostentamento a tante persone senza i concimi attuali e le tecniche agricole di adesso, senza quella che viene chiamata la rivoluzione verde? Interessante e sorprendente è la storia che riguarda il commercio delle spezie. Ci furono guerre e battaglie intorno a questo commercio e fu ridefinito il mondo politico di allora. La città di Venezia è nata e ha prosperato intorno a questa attività (“il carico di una sola galea veneziana era degno di un riscatto reale”). Che dire poi dell’avvento del mais e della patata? È un libro che fa riflettere perché svela i retroscena di ciò che è alla base dello sviluppo della civiltà umana e pone molti interrogativi. Alcune osservazioni ti lasciano di stucco. Eccone alcune: 1. Dagli esperimenti fatti dagli antropologi , era meno dispendioso in termini di tempo essere cacciatori raccoglitori piuttosto che agricoltori. Per quale motivi gli uomini hanno adottato una tecnica più svantaggiosa? 2. L’agricoltura non è naturale ma contro natura. Ha cambiato il mondo e ha modificato l’ambiente più di qualsiasi altra attività umana. 3. Ha causato una deforestazione enorme e una distruzione ambientale grandissima comportando lo spostamento di flora e fauna a migliaia di chilometri dai loro habitat originari. 4. Se venisse inventata oggi, l’agricoltura sarebbe vietata. Eppure, nonostante tutte le sue colpe, è alla base della civiltà così come la conosciamo. 5. Senza i fertilizzanti attuali che sono alla base della rivoluzione verde, per cui si produce sette volte tanto quanto era prodotto una volta, la terra potrebbe dare sostentamento a sette miliardi e mezzo di persone? Insieme a questo libro è interessante leggersi “100 domande sul cibo” ( Esso si interroga su ciò che mangiamo , sulle varie adulterazioni e sofisticazioni degli ultimi anni, sulla sostenibilità ambientale dei cibi. Interessante è la resa per ettaro delle varie coltivazioni e il numero delle persone che possono essere nutrite in base ai tipi di raccolti nonché il bisogno idrico per portarli a maturazione. Poi pone la questione della ricerca ogm e il fatto che potrebbe essere possibile in un futuro “coltivare” delle bistecche in laboratorio senza quindi ricorrere alla necessità di uccidere animali. Anche se ciò avvenisse il problema della salubrità rimarrebbe. Infatti quale sarebbe il brodo di coltura con cui si “nutrirebbero” queste bistecche di laboratorio? Precedentemente il libro spiega che ricerche scientifiche hanno dimostrato che la medicina omeopatica è più potente di quella allopatica. Ciò significa che il nostro corpo riesce a rilevare una goccia di una sostanza diluita in un lago. La prospettiva quindi di una bistecca sintetica diventa piuttosto inquietante. Buon appetito! Che dire? Due letture ch |
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