Di Johann Dréo (User:Nojhan): LINK
Martin LIndstrom,Small data. I piccoli indizi che svelano i grandi trend. Capire i desideri nascosti dei tuoi clienti, Hoepli 2016. Per cercare di capire che cosa sta veramente a cuore e quali sono i taboo di una società, quello che viene scritto sui “social” difficilmente ci può aiutare. Quello che viene pubblicato è pensato , ragionato , in modo da dare un’immagine di se, molte volte diversa rispetto al “reale”. Invece l’interno del nostro frigo, dei cassetti, del comò dove noi pensiamo che nessuno andrà a sbirciare, può essere più veritiero di quanto si scrive in internet. È un po’ come in Danimarca dove nei salotti di molte case si possono notare dei trenini di altissima qualità. Se seguissimo le statistiche (big data), saremmo indotti a pensare che quello è il trend giusto, e che in quel settore si esprime il desiderio della società. Poi invece indagando con attenzione si scoprirebbe che sono oggetti solo di arredo con cui nessuno gioca, mancano infatti i segni di usura. Oggetti quindi che una volta comprati non hanno bisogno di essere sostituiti, riparati e quindi senza un vero mercato. L’insieme di abitudini, gesti, scelta di colori, di immagini, password e tanto altro è quello che Lindstrom definisce come “small data”, queste informazioni integrate insieme ai grandi numeri ci possono rivelare i desideri nascosti di una società, i suoi taboo, le sue chiusure. È singolare che gli inglesi siano quelli che fanno maggiore uso delle emoji che strizzano l’occhio, forse è un modo compensatorio per la loro riservatezza. I russi vivono in una sorta di mondo tutto grigio. Grigi sono il loro palazzi, la gente i posti. Nessuno ride od è allegro. Provate a chiedere ai russi che cosa preferiscono e loro vi diranno che apprezzano vedere la gente che si diverte. L’autore riferisce che in Siberia c’è un alcolismo dilagante, esso per certi versi è una piaga e nello stesso tempo una risposta al grigiore della vita. Quasi tutti i russi con cui ha parlato gli hanno riferito che gli sarebbe piaciuto vivere in Italia, in Francia o in Svizzera, anche se in quei paesi non c’erano mai stati, ma essi erano il simbolo di buona cucina, di gente che sorride, di tempo libero, romanticismo, seduzione e libertà. A detta dell’autore il peccato più grave degli uomini è quello dell’inconsapevolezza, del non essere all’erta, quello di non aprire gli occhi e vedere oltre la cortina di fumo. Se siamo attenti possiamo capire i bisogni e i sogni delle persone ( i quali possono essere dettati dalla natura umana ma anche indotti dal contesto socio-culturale) e comportarci di conseguenza. Lindstrom ha notato che una volta si mangiavano i gelati leccandoli un po’ alla volta ora invece si mordicchiano subito dalla cima. Oggi il tratto peculiare della nostra cultura, secondo lui, è l’immediatezza. L’avvento della cultura digitale che ci consente l’accesso veloce a qualsiasi nozione ha contagiato anche altri settori. Vogliamo tutto e subito, anzi ancora prima che l’abbiamo pensato. Egli si domanda quale impatto avrà sulle generazioni di oggi e di domani il cambiamento portato dalle nuove tecnologie digitali. Le società oscillano sempre e alternano costantemente i desideri creando squilibri a loro volta compensati da scelte antagoniste che portano a uno squilibrio pure loro. E questo avviene un pochino in tutti i settori. Una volta le elezioni sono vinte dai democratici e un’altra dai repubblicani. I pantaloni ora sono a vita bassa ora a vita alta, ora a zampa di elefante ora a tubo. Una generazione predilige uomini barbuti e l’altra li avversa. Gli uomini e le donne di un paese tendono a ribellarsi allo squilibrio di uno stato. Lo fanno in maniera cosciente o inconscia. In America il toccarsi fisicamente è evitato perché si è portati a pensare a connotazioni sessuali, nello stesso tempo è il paese con giochi di contatto come il football che consente agli uomini di toccarsi, lottare, placcare e abbracciarsi. La Francia è la nazione conosciuta per i suoi lunghi pranzi e le sue numerose portate ma nello stesso tempo è il primo paese al mondo per il consumo di cibi pronti, sia surgelati che fast food. Il Giappone , è una nazione educatissima e formale, ma nello stesso tempo presenta moltissimi “sex hotel” e carrozze di treni riservate per evitare molestie alle donne. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Un autore e un libro di saggistica tra i più belli che ho letto in questi anni: Martin LIndstrom,Small data. I piccoli indizi che svelano i grandi trend. Capire i desideri nascosti dei tuoi clienti, Hoepli 2016. Video: link e tanti altri sul web. Small data, ovvero l’importanza dei piccoli indizi per scoprire che cosa sta veramente a cuore alle persone. Un libro per tutti, commercianti, politici, insegnanti, dirigenti scolastici, preti e chiunque voglia conoscere e capire la gente e in ultima analisi se stesso. A dodici anni una malattia lo pose in uno stato di isolamento per mesi senza potersi muovere, durante questo periodo per passare il tempo imparò ad essere attento ad ogni minimo dettaglio della vita di ospedale, chiedendosi il perché di certi rumori, andature di persone, timbro di voce, modo di reggere le cose e tanto altro. Quando uscì dall’ospedale ebbe il senso che nessuno mai avesse compreso gli esseri umani meglio di lui. Perché il paziente tal dei tali rovescia sempre il bicchiere dopo avere bevuto, perché l’infermiera oggi parla con voce roca? Compiva centinaia di osservazioni tutto il giorno, che poi archiviava nella sua mente, e a cui poi successivamente cercava di dargli un senso. E di cose ne ha scoperto davvero tante, tanto da cambiare le sorti di aziende che erano in via di fallimento. Agli inizi degli anni ’90 la Lego era in crisi e stava meditando di semplificare le sue costruzioni, fu il suggerimento di Lindstrom che la portò a imboccare una strada diametralmente opposta. Dall’attenzione posta sul comportamento di un ragazzino appassionato di skateboard arrivò alla conclusione che le costruzioni dovevano diventare una sfida, dovevano essere difficili, tanto da far stupire le persone una volta realizzate; dovevano diventare un orgoglio e una conferma di essere validi, perché ciò di cui avevano bisogno gli utenti era quella di consolidare la propria autostima, la propria reputazione. La Lego si risollevò arrivando addirittura a superare il fatturato della Mattel, uno dei colossi nella produzione di giocattoli. Per quanto insignificante possa apparire un dettaglio molte volte nasconde un significato. Le domande che Martin costantemente si fa sono: A cosa aspira la gente? Come si formano i gruppi di persone? Cosa distingue una cultura dall’altra? Quali desideri profondi vengono negati in un determinato contesto sociale e che cosa potrebbe fungere da surrogato? I piccoli dettagli (small data) si possono trovare dentro a un cestino, in un armadietto, in un album fotografico, nelle cose insignificanti della vita di tutti i giorni, anche nella posizione di un rotolo di carta igienica, per assurdo. L’unione di più dettagli insignificanti insieme a idee e osservazioni provenienti da tutto il mondo danno vita alle fondamenta di un futuro brand o business. Lui è alla ricerca del “desiderio” delle persone, quella cosa che, in qualche modo quella cultura o quel posto reprime. Il desiderio è un a tensione irrisolta che motiva il comportamento delle persone anche in modo inconsapevole. Il desiderio si manifesta centinaia di volte al giorno, in moltissimi modi. Può essere desiderio sessuale, fame di cibo, voglia di trasgressione, desiderio di rivaleggiare oppure di sentirsi parte di un gruppo e tante altre forme. In nome del desiderio ogni giorno facciamo una serie enorme di azioni, ci rasiamo, ci vestiamo in un certo modo, spendiamo, ci indebitiamo, rischiamo o ci facciamo del male. In tutto il mondo, ogni cultura ha i suoi desideri e le vie di fuga. I brasiliani vanno in spiaggia, gli americani al centro commerciale, gli inglesi alle partite di calcio. Se siete in Arabia Saudita la fuga può essere in Oman. Se siete in Oman volete andare a Dubai. Se siete a Dubai vorreste essere a Londra. Londra sogna l’Andalusia o la Costa Azzura. L’uomo in qualunque posto si trovi si sente mancante di qualcosa. Ci manca sempre qualcosa… Saluti Giuliano Mazzocco 34 BUONI PRINCIPI DA APPLICARE NEL MARKETING, NEI RAPPORTI TRA LE PERSONE E PERCHÉ NO ANCHE A SCUOLA (seconda parte) Libro di riferimento: Noah J. Goldstein, Steve J. Martin, Robert B. Cialdini, 50 segreti della scienza della persuasione, TEA 2010.
video di riferimento: LINK In questo interessante libro sono sintetizzati alcuni principi da conoscere sia in ambito di marketing, ma anche nelle relazioni umane in genere. Gli autori, persone qualificate, riuniscono in questo libro sessant'anni di ricerche scientifiche su questo argomento. Ecco la seconda parte di principi:
Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY 34 BUONI PRINCIPI DA APPLICARE NEL MARKETING, NEI RAPPORTI TRA LE PERSONE E PERCHÉ NO ANCHE A SCUOLA (prima parte) Libro di riferimento: Noah J. Goldstein, Steve J. Martin, Robert B. Cialdini, 50 segreti della scienza della persuasione, TEA 2010.
video di riferimento: LINK In questo interessante libro sono sintetizzati alcuni principi da conoscere sia in ambito di marketing, ma anche nelle relazioni umane in genere. È bene specificare che nonostante il titolo parli di persuasione, vocabolo che alle volte da noi suona come raggiro, non è così per questo testo che evidenzia invece come i comportamenti etici e onesti nel marketing siano alla lunga premiati. Gli autori, persone qualificate, riuniscono in questo libro sessant'anni di ricerche scientifiche su questo argomento. Dei 50 principi ne presento sinteticamente 34, sperando di invitare il lettore a un ulteriore lettura e approfondimento:
Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY La bugia e la menzogna nella vita quotidiana degli uomini, alcuni spunti. Seconda parte uomo vitruviano aggiornato
Testo di riferimento: Ian Leslie - Bugiardi nati. Perché non possiamo vivere senza mentire (2014). Film di riferimento: Il primo dei bugiardi (The Invention of Lying) 2009 scritto e diretto da Ricky Gervais (https://www.cb01.uno/il-primo-dei-bugiardi-2009/ ). Gli uomini sono portati ad ingannare e ad auto ingannarsi, questa è la tesi di fondo del libro e del film oggetto di recensione, vediamo in questo secondo articolo altri aspetti interessanti:
Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY La bugia e la menzogna nella vita quotidiana degli uomini, alcuni spunti. Prima parte Testo di riferimento: Ian Leslie - Bugiardi nati. Perché non possiamo vivere senza mentire (2014).
Film di riferimento: Il primo dei bugiardi (The Invention of Lying) 2009 scritto e diretto da Ricky Gervais (https://www.cb01.uno/il-primo-dei-bugiardi-2009/ ). Non sempre siamo in grado di accettare e sostenere la realtà così come ci appare. L’individuo per favorire l’adattamento di se stesso alla vita e alle sue esigenze (alle volte terribili), è dotato come di un filtro, percepisce solo una parte di tale realtà e/o la ricostruisce a suo modo. Questa è la tesi sostanziale del libro citato sopra. Dice il testo di riferimento: “Le scoperte fatte ribaltano completamente i nostri vecchi preconcetti sul mentire. Quando ho cominciato a occuparmi di questo argomento pensavo che l’umana tendenza a mentire fosse una sorta di errore di progettazione destinato un giorno a essere eliminato; ho scoperto, invece, che questa tendenza è stata tra i motori evolutivi della nostre specie. Credevo di saper riconoscere un bugiardo; mi sbagliavo. Consideravo il mentire come un segno di instabilità mentale, ma ho scoperto che i bravi bugiardi tendono a essere persone più equilibrate della maggior parte di noi. Credevo di essere sempre sincero con me stesso; nessuno di noi lo è. Ho scoperto che ingannare se stessi è una necessità, piuttosto che un problema, e che porta ad avere successo nel lavoro, una salute migliore, rapporti più felici con gli altri. Ho imparato che se ci tolgono le nostre menzogne ci ammaliamo o cadiamo nella depressione e nella follia”. Sono parole forti. Cosa ne pensa il lettore? Se siamo immersi in un mondo di bugie che cosa dobbiamo pensare di noi stessi, degli altri e del mondo che ci circonda? Vengono messi ora in evidenza alcuni fatti che invitano a riflettere in tal senso.
https://www.youtube.com/watch?v=Xvi1YOrE1I0 https://www.youtube.com/watch?v=HETkOoh4Rrs https://www.youtube.com/watch?v=VyYqZJZ2TsA
PRIVACY POLICY Appendini, bomboniere, giocattoli, vestiti, vestiti e ancora vestiti, libri riviste, cassette vhs, palette, chincaglieria, ricordi, creme, articoli da bagno, ecc. ecc. , quanta roba è presente nelle nostre case, ed è veramente tutta necessaria? Presento in questo post un libro intelligente, con un insegnamento profondo: butta via le cose che non ti servono e riordina le altre, cambierà così anche il tuo modo di sentirti nel mondo e affrontare la vita. Il testo di riferimento è il seguente: Marie Kondo, Il magico potere del riordino, Vallardi 2014. Viviamo in una società consumista dove possiamo acquistare tantissime cose di svariate forme, colore e grandezze, ecc., ma così facendo ci riempiamo la casa sempre più di oggetti. Sono così tanti che non sappiamo dove metterli, sono così tanti che ci soffocano, sono così tanti che potrebbero essere utili ma il tempo ci manca per usarli. Sono oggetti da ordinare, pulire, riparare e se necessario sostituire. Fino a quando non avremmo un robot che ci fa da domestico tutte queste operazioni le dobbiamo fare noi, pena il disordine. Ci viene in aiuto per questo problema il libro molto scorrevole di Marie kondo, davvero una lettura consigliatissima. Ed ecco il primo principio e il più importante del suo libro, esso consiste nello sviluppare la capacità di buttare via le cose. Proprio così, a nostro malincuore, stiamo diventando degli accumulatori e ci circondiamo di roba senza valore. Avanzando nella lettura scopri che ha assolutamente ragione, abbiamo troppe cose inutili che conserviamo e ci ostacolano. Perché ci teniamo tutte questi oggetti? Siamo proprio sicuri che ci potrebbero tornare utili? Se non le abbiamo usate fino ad ora perché dovremmo usarle un domani? Seguire una logica dell’utilità o circondarsi di cose che ci piacciono e ci danno una sensazione estetica di bellezza? Le risposte si potranno trovare nella lettura di questo libro. Emergerà anche una inaspettata verità: facendo pulizia esteriore (gettando via), influenzeremo i nostri stati d’animo e ci sentiremo sollevati, perché il distacco dalle cose implica anche un distacco dai momenti di vita precedenti, il lasciarli andare e il prepararsi con energia alle nuove situazioni dell’esistenza. Sembra una “giapponesata” (sicuramente suscita stupore la vita dell’autrice che si è specializzata vive ed è diventata famosa facendo corsi, e vendendo tantissimi libri su questo argomento), invece devo constatare che la lettura si rivela illuminante e il lettore viene preso dalla voglia di “sistemare e ordinare” immediatamente. L’autrice passa in rassegna le varie categorie di oggetti e nel descrivere i pensieri sottostanti ti senti coinvolto pienamente, quasi che l’autrice conosca casa tua. Molte testimonianze riferiscono dopo il riordino (buttare via) un senso di liberazione. Il riordino fisico, secondo l’autrice, insegna ad andare all’essenziale delle cose evitando acquisti inutili, fa cambiare il modo di concepire la propria esistenza, e porta a un profondo cambiamento interiore. Se ci pensiamo bene sono davvero poche le cose di cui abbiamo bisogno! Ecco ora qualche altro principio del suo metodo di riordino:
Se in un precedente post (http://www.insegnaredivertendosi.com/blog/gli-accumulatori-compulsivi) era stata posta attenzione al problema degli accumulatori seriali, con la presentazione di questo libro si può intravvedere una possibile soluzione, sempre che la persona sia ancora capace di dominio e libera scelta. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Testo di riferimento: F. Randy S. Gail, Tengo tutto. Perché non si riesce a buttar via niente, Erickson 2012.
Sicuramente il lettore avrà già sentito parlare della mania smodata di accumulare le più svariate cose da parte di alcune persone (oggetti di tutti i generi, collezioni varie, animali, …). Diverse trasmissioni televisive si sono occupate di questa cosa. Il nome tecnico per definire questo comportamento è disposofobia. Viviamo la nostra vita in una situazione di bisogno, e ciò inevitabilmente porta l’uomo a sentire che può succedere uno stato di scarsità di risorse. Quante carestie e stati di povertà hanno passato i nostri antenati, e sicuramente ci portiamo addosso le ancestrali paure che hanno attanagliato i nostri avi. Secondo diverse teorie psicologiche le prime due fasi dello sviluppo della persona umana, sono quella orale -sensoriale e quella anale-muscolare. Secondo questi autori all’inizio la principale forma di stimolo è intorno alla zona della bocca, e successivamente l’attenzione viene portata al controllo degli sfinteri. Nei primi momenti della nostra vita la fonte principale di attivazione è intorno al mangiare, all’introdurre, all’ingoiare all’assimilare e poi successivamente l’attenzione si focalizza sul momento dell’espellere, dell’eliminare. L’individuo è un equilibrio fra questi due fattori assimilare ed espellere, mangiare ed evacuare, assumere e mollare. Secondo gli psicologi nei momenti dell’infanzia si consolidano le caratteristiche principali della personalità. L’individuo è un equilibrio fra questi due fattori e il mancato rapporto armonico, sembra essere causa di comportamenti spropositati o in un ambito o nell’altro. Nel primo caso abbiamo come conseguenza i disturbi alimentari, mentre nel secondo abbiamo tutti i comportamenti di accumulo, compresa l’avarizia. Le giustificazioni portate a sostegno del loro comportamento stravagante, sono frasi che alle volte abbiamo sentito dire anche in casa nostra: “non si butta via niente”, “mi potrebbe servire”, “vivete nel tempo della bambagia e non sapete cos’è la carestia”, “questo è un ricordo che fa parte di me”, “tu non hai la minima idea”, “ma è mio!”, ecc. Molte volte nell’affrontare i comportamenti compulsivi, le persone comuni sono portate a giudicarli in maniera semplice, definendoli frutto di disturbi mentali o di mancanza di volontà. Non è ancora entrata dentro alla mentalità comune il ruolo e l’importanza di quella parte di noi nota con il nome di inconscio. Fino a quando non diventeremo consapevoli di questa nostra dimensione, difficilmente capiremo che quando l’inconscio prende il sopravvento diventa un divoratore scatenato della persona. Una volta queste pulsioni smodate erano classificate come vizi capitali. Tutti noi sappiamo che cosa si intendeva con queste parole. Ebbene il loro significato e la loro validità non è venuta meno. Particolarmente impressionanti sono le parti del libro in cui si racconta che da una casa furono portati fuori ben 1800 quintali di rifiuti e oggetti vari. Poi il caso di una attrice che fu trascinata nella follia da accumulo da animali, spendendo tutti suoi soldi in alimenti per loro, tanto da ridursi in povertà. Per ultimo, il caso di accumulo di "elementi" provenienti dal proprio corpo, di cui al lettore risparmio la descrizione, perché troppo disgustosa. Invito ora il lettore a considerare come la pulsione ad accumulare sia così pressante e impellente in tanti ambiti da far perdere la qualità della vita. Pensate a certi personaggi storici, i quali raggiunsero risultati importanti ma non si seppero fermare. Napoleone, aveva conquistato quasi tutta l’Europa, poteva vivere il resto della sua vita nel modo migliore, non gli bastava, si è infilato nella campagna di Russia ed ha perso tutto. Gengis Kan conquistò un territorio immenso, poteva vivere da gran signore per il resto dei suoi anni, morì invece a cavallo ancora in cerca di nuove battaglie. La storia è piena di esempi simili in tutti gli ambiti. Gente che non si ferma mai, potrebbe vivere il resto dei loro anni godendosi e assaporando le delizie della vita, non basta. Mettono a prova fisico, salute, mente, affetti, famiglia, ….. e tanto altro. Che senso ha tutto questo? C'è da rimanere esterrefatti dal cattivo modo di vivere degli uomini, senza distinzioni di epoche, in cui la vita diventa una assurda ricerca nell’avere sempre di più, ma ricordiamoci che nessuno si porta via niente da questo mondo! Alcuni video sull’argomento: http://video.gazzetta.it/10lifestyle-disposofobia-accumulo/2da486a0-17a2-11e2-901e-b96e1979e6f0 http://it.dplay.com/sepolti-in-casa/stagione-5-visite/ https://www.youtube.com/watch?v=I-TVKo_cnKA Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Agli inizi del 1900 c’erano già diversi dentifrici in commercio ma gli americani non erano molto interessati all’igiene dentaria. Un certo pubblicitario di nome Hopkins riuscì a rendere abitudinaria la pratica del lavarsi i denti, puntando sull’importanza di avere una bocca bella. Studiò a fondo i libri di medicina sull’argomento e scoprì la presenza naturale di una patina sui denti. Usò questa presenza, facilmente avvertibile dagli utenti, come “segnale” di innesco per invitarli ad usare la pasta dentifricia, ma a differenza degli alti prodotti in commercio il Pepsodent, la pasta reclamizzata, aveva anche al suo interno un po’ di acido citrico e altri componenti che davano una sensazione di pizzicore nella lingua. Dal punto di vista dell’igiene non possedeva qualità superiori agli altri dentifrici, ma questo pizzicore fu considerato dagli utenti come la prova della avvenuta pulizia dentaria. Fu un enorme successo tanto che accumulò così tanti soldi da non sapere come spenderli. Lo schema era il seguente:
Nel 1996 gli addetti della Procter&Gamble avevano scoperto un rivoluzionario prodotto eliminante gli odori, ma la campagna commerciale si rivelava un disastro. La gente non lo comprava perché chi ne aveva bisogno, assuefatto agli odori da eliminare, era incapace di avvertirne l’intensità e quindi la necessità. Con fatica scoprirono la soluzione di marketing facendolo passare come prodotto profumato utile per ultimare le pulizie di casa. Un prodotto nato per eliminare gli odori per poter essere commercializzato aveva dovuto essere presentato come un profumo. In questo caso il segnale di innesco non era la puzza ma la pratica delle pulizie casalinghe. Era il 1987 quando alla direzione di Alcoa, la famosa multinazionale dell’alluminio, venne incaricato nella conduzione un certo O’Neill. Costui nel discorso di insediamento sbalordì i presenti dicendo che da ora in poi la sicurezza sarebbe stata al primo posto, e si sarebbe fatto di tutto per eliminare gli incidenti e gli infortuni. Molti di loro scioccati pensarono a una futura crisi dell’azienda. Il nuovo direttore invece aveva capito che il ciclo produttivo presentava delle falle nelle procedure tali da causare ogni anno un certo numero di feriti, di morti, rallentamenti nella produzione e malumori. Se avesse migliorato il sistema di lavoro, le consegne sarebbero state puntuali, il personale si sarebbe sentito rispettato e protetto tanto da lavorare con maggiore convinzione. Fece di tutto per implementare nuove procedure di lavoro (abitudini) a cui nessuno era consentita deroga. Fu un successo le azioni della ditta a fine mandato erano quintuplicate di valore. Le sue abilità sulle abitudini organizzative furono premiate. Chi dice che trattare bene le persone sia controproducente? In questo caso il discorso sulle abitudini non è a livello individuale ma a livello di organizzazione sociale. Certe istituzioni non hanno cattivi dipendenti ma sono organizzati male. L’ottimizzazione delle risorse umane è di importanza strategica, e chi è inserito in qualche gruppo lavorativo sa che questo è assolutamente veritiero. Starbucks, sconosciuta in Italia, è un’azienda della ristorazione di Seattle. È diventata nel giro di breve tempo un gigante con diciassettemila locali e profitti per oltre 10 miliardi di dollari l’anno. Qual è il loro metodo? Che cosa hanno di speciale, nonostante i loro prodotti siano piuttosto costosi? La risposta dei loro responsabili consiste nel definire l’azienda così: “Noi non ci occupiamo di servire il caffè alle persone” “Ci occupiamo di persone che servono il caffè”. Ebbene si, il loro successo, stando a quanto descritto nel libro è quello di offrire un servizio di altissimo livello. Un servizio centrato sul personale, addestrandolo ad ogni evenienza in maniera precisa e puntuale facendo si che ogni possibile disguido sia risolvibile con disinvoltura. Per fare ciò il loro metodo si chiama LATTE, UN ACRONIMO, che sta per Listen (ascoltare), Acknowledge (accogliere), Take action (darsi da fare), Thank (ringraziare), Explain (spiegare). Inoltre si sono accorti , mettendo a frutto le ricerche di Mark Muraven della necessità di gestire il personale con gentilezza ed elogi. Il risultato è un personale fortemente motivato che si sente a suo agio, e per questo estremamente in gamba. Anche in questo caso l’implementazione di abitudini precise è alla base di questa azienda. Il ricorso a modelli attuativi ben precisi e consolidati si manifestano vincenti. Bisogna sottolineare inoltre in questo caso la sconferma dell’idea che per ottenere di più dal personale occorre essere cattivi, esigenti e tirannici. Gli studi hanno dimostrato, senza dubbio, essere più conveniente una gestione democratica, in questo si dimostra una concordanza con ciò che diceva lo psicologo sociale Kurt Lewin. Tanti altri aspetti significativi vengono presentati da questo libro. Spero che il lettore abbia potuto percepire l’enorme portanza rivestita da questo tema sia in ambito individuale che in ambito organizzativo sociale. Se si volesse tradurre in uno slogan si direbbe che in questo caso la forma (abitudine) crea la sostanza. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Duhiggs Charles, La dittatura delle abitudini. Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle, Corbaccio 2012. Come ha fatto un generale americano in Iraq a sedare i tumulti di piazza? Studiò il comportamento dei manifestanti e scoprì che la presenza dei venditori di cibo ambulanti era determinante per il proseguo della protesta. Chiese al sindaco di vietare la loro presenza e ottenne l’obiettivo sperato. Lo schema di quello che succedeva era di solito questo: avveniva qualche fatto e si radunavano delle persone nel pomeriggio, dopo un certo numero di ore arrivavano i venditori di cibo, successivamente verso sera il lancio di un oggetto o qualcosa di simile scatenava il pandemonio. L’ufficiale fece togliere il “carburante” per proseguire e dopo un certo tempo non c’era più nessuno. Egli spiegò come nel corso della sua carriera l’addestramento consisteva soprattutto nell’apprendere nuove abitudini. Applicando lo stesso metodo di attenzione alle dinamiche di comportamento capì quale strategia da seguire e ottenne i risultati sperati. Nessuno forse avrebbe mai pensato che togliendo le bancarelle di Kebab si sarebbero sedate le rivolte. Come fanno i pubblicitari a identificare le donne in stato di gravidanza e proporre gli oggetti necessari? Attraverso le carte fedeltà. Vengono registrati tutti i prodotti di acquisto e quando le donne comprano creme neutre, discostandosi dai loro prodotti di acquisto usuale, capiscono e vengono a conoscenza del loro stato. Questi sono due esempi di quanto siano importanti e rivelatrici le abitudini degli uomini. Facciamo tantissime cose nel corso della nostra giornata in modo automatico, per abitudine senza pensarci, al punto di essere in dubbio se il tal semaforo l’abbiamo passato con il colore giusto. Una sorta di pilota automatico ci guida; esso lentamente ha preso il soppravvento e non stiamo più a pensare alle moltitudine di gesti spontanei necessari alla nostra vita quotidiana: lavarsi i denti, asciugarsi, cambio delle marce ecc. Quello delle abitudini è un sistema al risparmio che la natura ha escogitato per economizzare le risorse cerebrali. Infatti se dovessimo continuamente pensare a tutti i gesti spontanei che normalmente facciamo nel corso della giornata, “il cervello collasserebbe sotto il peso delle innumerevoli attività quotidiane”. In effetti, in base agli studi, le lesioni ai nuclei della base del cervello, ove vi è la sede grossomodo delle abitudini, causano una fatica notevole per eseguire attività elementari se non proprio una vera e propria paralisi di indecisione. Queste persone perdono la capacità di ignorare dettagli insignificanti e devono pensare a tutto, anche alle cose più banali. Ci sono però buone abitudini e cattive abitudini. Alcune di loro sono schiavizzanti, cosa si può fare per cambiarle? Osservando con attenzione si possono sostituire le cattive con modalità alternative, più avanti cercherò di spiegare come si può fare. Le abitudini sono come il solco scavato da un corso d’acqua, per cambiarle occorre deviarne l’alveo perché non si può impedire lo scorrere dell’acqua. Ossia occorre dare un’alternativa. Ad esempio se uno ha l’abitudine di fumare si deve trovare qualcosa che la sostituisca e non semplicemente vietarla. Infatti noi tutti sappiamo della quasi inutilità dei divieti di fumo. Se si da un’alternativa collegata al bisogno soggiacente è più facile risolvere il problema. Occorre inoltre ricordarsi che esiste sempre un pericolo di recidiva così come il fiume può ritornare alla vecchia zona di scorrimento, alla stessa maniera l’abitudine cattiva si può ripresentare. Se le finalità perseguite sono diventate un’abitudine, noi tutti sappiamo si consolideranno e porteranno i frutti sperati. È ovvio, lo sanno tutti e dobbiamo rendercene sempre più conto. Come mai gli animali in natura allo stato selvaggio acquisiscono il loro peso forma e da li non si schiodano più fino alla fine della loro vita, mentre per i nostri animali domestici non è così? La risposta sembra essere proprio nelle cattive abitudini acquisite, almeno così si pensa poiché altre spiegazioni plausibili non se ne trovano. Se seguissero il loro modo naturale di alimentarsi avrebbero un peso ideale, ma la vicinanza con l’uomo e le sue abitudini, li ha contagiati anche in questa dimensione considerata spontanea e non condizionabile. Diceva l’ufficiale americano che si era accorto dell’importanza dei “kebabari”: “se cominci a vedere tutto come un insieme di abitudini è come quando ti danno una torcia elettrica e un piede di porco”. Tre sono le caratteristiche fondamentali sottese alle abitudini:
Gli stessi alcolisti anonimi secondo l’autore fonderebbero il loro successo intorno all’instaurazione di nuove routine, non si mettono in discussione il segnale, la gratificazione e il bisogno ma si propongono agiti alternativi. Un altro aspetto importante è il credere in ciò che si fa e il sostegno di un gruppo: “le vostre probabilità di successo aumentano in maniera decisiva se vi impegnate entrando a far parte di un gruppo. Crederci è essenziale, e la fiducia si sviluppa da un’esperienza di condivisione.” E nelle religioni perché tanti riti e ripetizioni? Perché tante religioni hanno preghiere ripetute simili al rosario? Quale senso può avere il rito dell’alzabandiera nell’esercito? Perché ai soldati si insegna a marciare quando dal punto di vista tattico non ha più nessuna utilità pratica? Questi gesti e rituali sono connessi forse alla necessità di implementare e consolidare convinzioni e credenze attraverso le abitudini? Per ultimo due video di recensione del libro: https://www.youtube.com/watch?v=Mb9rZb9P77U https://www.youtube.com/watch?v=Kn-joN1pHG0 Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Nella prima guerra mondiale dal suo inizio e fino al 1916, l’Inghilterra non ricorse alla coscrizione. Non ce n’era bisogno, frotte di volontari si offrivano spontaneamente, e se per caso fuori dall’ufficio di reclutamento era presente una banda che suonava motivi nazionalistici, le file aumentavano ancora di più. Tutti pronti per andare a farsi dilaniare, squartare, sparare, bombardare, gassare. Tutti pronti per perdere la vita, braccia, gambe, pancia, visceri e quant’altro. Se qualcuno evitava il reclutamento gli venivano consegnate le 4 piume della codardia e del disonore, così come veniva descritto nell’omonimo film (LINK). Tutti pronti per far diventare tanti bambini orfani e generare una marea di vedove. La gente era presa da una euforia così forte che con fatica anche gli stessi pacifisti stentavano a sottrarsi a questo clima di follia collettivo. (fonte: Ferguson N, Il grido dei morti. La prima guerra mondiale: il più atroce conflitto di ogni tempo, Mondadori 2014). La grande guerra provocò 9 milioni di morti e 20 milioni di feriti, distrusse imperi e monarchie, e pose le basi per il malcontento, il disordine sociale ed economico dell’Europa, che la portò di nuovo in guerra 20 anni più tardi. Già dopo tre anni dalla fine del combattimento in Italia si affacciò il fascismo. Ogni tanto serpeggia in giro un rinnovato militarismo, pensato come risolutore di una situazione non più tollerabile e ci si dimentica degli esiti infausti. Tra questi quelli che la tradizione ci ha consegnato come gli scemi di guerra. Tante persone che tornarono con le menti sconvolte, incapaci di riprendere una vita normale. Guardatevi i due brevi video qui sotto per inquadrare maggiormente l’argomento: Stress da bombardamento nella "Grande Guerra" Scemi di guerra. La follia nelle trincee Attualmente questo fenomeno è chiamato DPTS (disturbo post traumatico da stress), sembra una cosa di poche percentuali. In realtà, almeno per gli Stati Uniti, come segnalato anche dall’articolo della Stampa al seguente LINK, in questi periodi muoiono più veterani ritornati in patria che soldati al fronte.
Se si fa una ricerca in internet potrete constatare la drammaticità della questione. Negli anni imminenti allo scoppio della prima guerra mondiale l’odio tra le nazioni era diventato così viscerale e insopportabile che tutti inneggiavano al combattimento. Si direbbe che la coscienza collettiva della gente sia andata fuori di senno. Dopo 100 anni siamo, nonostante permangono delle frizioni e dei nazionalismi, un’unica entità politica. Per chi hanno combattuto quei giovani, che cosa ci hanno consegnato di “stecca”, quale insegnamento dobbiamo trarre dalla loro morte? Nuovi nemici spuntano all’orizzonte, attentati, vittime, bombardamenti. Si stanno forse coltivando gli stessi semi (scemi) di odio del passato, nascondendo interessi economici, geopolitici o altro? Per approfondire: Hasting M, Catastrofe 1914. L'Europa in guerra, Neri Pozza 2014. Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY LA MALATTIA COME AUTOGUARIGIONE DAL DOLORE DELL’ANIMA, un libro di Dieter Beck Seconda Parte11/5/2015
1 Apparentemente ci potremmo chiedere “cosa mi interessa un tema simile?”. Non sono masochista, non sono depresso detesto le perversioni e i malati immaginari. In realtà questi aspetti sono più vicini a noi di quanto non immaginiamo. Quando l’autore parla delle offese narcisistiche all’io, in quella situazione ci siamo tutti noi. Ogni giorno ci svegliamo e siamo un po’ più vecchi, ogni giorno avviene una piccola trasformazione che ci cambia e “offende” la percezione di noi stessi. Nel corso della nostra vita subiamo oltre il decadimento fisico anche perdite di affetti, di ruoli, perdite economiche, morali, ideali. L’invecchiamento è un oltraggio alla propria immagine di se, che ci manda in grande difficoltà. È una perdita di energia , capacità e funzioni a cui non siamo tanto disposti a cedere. Ricorriamo a tutto ciò che ci può aiutare, diete, comportamenti salutisti, esercizio fisico, corsi di tutti i generi, iperattività. Vediamo in giro atletiche quarantenni che fino a qualche anno prima avevano in bocca una sigaretta e in mano un bicchiere di spritz. Mi viene in mente la strega di Biancaneve, la bella regina che perde la sua giovinezza e il suo splendore e lentamente si incattivisce sotto la spinta dell’invidia per l’incipiente bellezza di Biancaneve. La brutta vecchia e orribile strega rappresenta, per il mondo femminile, il lato negativo dell’invecchiamento, e per il mondo maschile esiste la figura dell’orco, il mostruoso essere solitario, taciturno e scontroso pronto a mangiare i bambini. Se credete che le favole sono solo favole e non rappresentano niente, vi consiglio di leggere un bellissimo libro di Bruno Bettelheim, "fiabe il mondo incantato" ( Bruno Bettelheim, Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli 2013) e vedrete che non è così. Se la favola piace tanto nonostante le assurdità logiche evidentemente possiede qualità rilevanti che le persone percepiscono a livello inconscio. L’autore dice che 4 sono i momenti del ciclo vitale di un individuo (l’infanzia, l’adolescenza, la maturità e la vecchiaia), ognuno di questi ha i suoi momenti di crisi e di sofferenza. Nel libro non se ne parla ma l’adolescenza è un periodo di crisi per la persona, è finito il momento protettivo genitoriale, ci si scopre con un corpo che sta diventando grande e ci si vede un po’ goffi e maldestri. L’accettazione di questa trasformazione non è sempre così facile e moltissima letteratura ha già trattato questi argomenti e gli esiti alle volte devianti. Beck si sofferma sul periodo tra i 40 e i 50 anni. È il momento della cosiddetta crisi di mezza età. L’individuo è messo di fronte alle occasioni mancate e alle perdite non più colmabili. La giovinezza, la vitalità e la bellezza non sono più quelle di prima. I figli alle volte, sono diventati grandi e vivono in autonomia. Negli uomini il rendimento professionale e la potenza sessuale diminuiscono. Invecchiando poi ci si vede soppiantati da persone più giovani e brillanti e nasce l’amarezza di vedersi messi da parte. L’elaborazione delle perdite non è sempre facile e nel caso si concluda positivamente dovrebbe portare a “nuove conquiste psichiche, come il senso dell’umorismo, la bontà, la saggezza, …….”. Possono scattare in questo periodo atteggiamenti di difesa maniacale delle proprie qualità perdute, malumori depressivi, alcolismo, paure ipocondriache e purtroppo malattie fisiche. Molti di noi saranno sorpresi dalla scoperta di persone che appena terminata l’età lavorativa improvvisamente si ammalano. Vanno in pensione, perdono il loro ruolo, la loro funzione e si ammalano. (Faccio notare come la parola “defunto” deriva dal latino e significa “senza funzione”). Arriva finalmente l’agognato momento della pensione, del gestire la propria vita al di fuori della costrizione lavorativa e si ammalano. 2 Il secondo punto che voglio segnalare in questo post è il collegamento tra handicap fisico e sviluppo di qualità compensatorie. L’autore nello spiegare i vari tentativi di risolvere la sofferenza psichica riporta il pensiero di Niederland: le anomalie fisiche delle persone sono un’offesa narcisistica e la creatività e le opere artistiche costituiscono una compensazione per soddisfare le esigenze di affermazione dell’individuo. È lo stesso concetto espresso da Adler in uno dei suoi libri (Alfred Adler, Cosa la vita dovrebbe significare per voi, Newton Compton 1994 ) dove riportando la sua esperienza narra che essendo nato zoppo e non riuscendo a correre come gli altri bambini nei prati del suo paese, lui cominciò a correre nei prati della medicina e della psicologia. Secondo lui, se non ci fosse stato questo suo handicap non sarebbe mai diventato una persona importante nel suo settore. Il suo pensiero, inoltre, continua dicendo che sono le difficoltà nella vita a renderci migliori, sono loro i pungoli che ci fanno crescere. È un po’ il concetto sintetizzato che dice “dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori”. Vengono poi riportati i casi di personaggi famosi con difetti fisici: Kierkegard era storpio, Omero era cieco, Mosè faceva fatica a parlare, Victor Hugo era debole, malato e con una testa sproporzionata, Jean-Jacques Rousseau aveva problemi alla vescica, Socrate aveva un naso brutto. Se ci pensiamo anche noi possiamo aggiungere altre persone a questo elenco. 3 Un terzo punto da menzionare di questo libro riguarda l’interpretazione delle tossicodipendenze e delle perversioni. Secondo l’autore le perversioni, l’alcolismo etc hanno una funzione riparatoria del malessere psichico. Esse costituiscono una modalità “creativa” di risolvere i conflitti interni. 4 Parlando con un mio stimato collega della “malattia fisica come auto guarigione del disagio psichico”, egli mi ha segnalato una terapia riabilitativa per anziani con l’alzhaimer (validation Feil method). Chi conosce la malattia è a conoscenza della terribile situazione di degrado della persona, ebbene questo metodo fondato sull’empatia e la psicologia umanistica di Rogers riesce a capire e aiuta queste persone nelle loro difficoltà. Il validation Feil method è una modalità di aiutare le persone molto anziane nello stato di disorientamento. Esse sono nella fase finale della loro vita e tentano di risolvere i problemi non finiti per morire in pace. Attraverso l’empatia e “l’ascolto attivo” riescono a capire lo stato della persona e ad aiutarla. Per spiegare meglio tale metodo inserisco dei video di youtube su tale tema, purtroppo sono solo in inglese ma si capisce lo stesso. Ebbene la segnalazione di questo metodo in questo post che parla di malattia fisica provocata dal disagio interiore vuole dire che c’è speranza per tutti. Coltivando l’empatia e l’umanità ci sarà soluzione per le difficoltà che la vita ci pone, senza lasciarci andare in pericolose derive che potrebbero essere autodistruttive. Per ultimo, nella ricerca dei video di spiegazione del Metodo validation Feil method ho trovato questo bello e pluripremiato cortometraggio che collegato ai temi trattati inserisco in questo post. LA MALATTIA COME AUTOGUARIGIONE DAL DOLORE DELL’ANIMA, un libro di Dieter Beck Prima parte11/3/2015
Dieter Beck, La malattia come autoguarigione. Per una medicina olistica e una nuova visione dell'uomo, Pgreco 2012. Pensavo fosse una delle tante pubblicazioni che riguardavano il collegamento tra mente e corpo ma non è stato così. Questo libro è qualcosa di più. Esso ci parla della malattia fisica come espressione e strumento di guarigione di un malessere psichico. Non è semplicemente un mero sfogo ma ne costituisce il rimedio. La malattia fisica certe volte (l’autore dice spesso) è il tentativo di riparare un’offesa psichica, serve a compensare una perdita o a risolvere un conflitto interno. In questa ottica la sofferenza non è inutile ma funge da “farmaco” di guarigione. Moltissimi libri parlano della connessione mente-corpo ma nessuno di quelli che ho letto vedono la malattia fisica come medicina e rimedio alle difficoltà della psiche. Cercando di spiegarmi meglio ricorro a questa analogia: Come la malattia si esprime con la febbre, rendendo il corpo dell’ammalato inospitale per il virus o il batterio, al fine di portare una guarigione così il malessere psichico, le sconfitte della vita e le ferite al proprio io interiore, si traducono alle volte in malattie corporee che portano all’individuo una temporanea limitazione al fine di ristrutturare se stesso e proseguire nel cammino della vita. Però come alle volte la febbre e la malattia fisica può portare a esiti nefasti così anche il disagio psichico manifestatosi in una malattia corporea può portare a un finale negativo. Non sempre questo processo conduce a guarigione. Alle volte si combatte la malattia ritenendola di origine organica e ci si accorge che è il sintomo di un malessere psichico. Non ne è la causa e quindi ci si prodiga vanamente. Se questa tesi (dice l’autore) si manifestasse fondata avremmo un modo nuovo di considerare la malattia e la sofferenza. A questo punto non andrebbe più debellata ma lasciata al suo decorso in maniera che possa essere portatrice di riparazione. L’autore basa le sue tesi sulla teoria psicoanalitica freudiana e sui successivi apporti di Kohut, Kernberg e altri psicologi (Kohut, Narcisismo e analisi del Sé,Boringhieri, Torino 1977; O, F, Kemberg, Sìndromi marginali e narcisismo patologico, Boringhieri, Torino 1978). Dice Freud in un passo citato nel libro: “ammalarsi è la soluzione economicamente più facile di un conflitto psichico, anche se risulta chiara in seguito l’inadeguatezza”. Per l’autore sono quattro le casistiche che vedono la malattia fisica come strumento della psiche per guarire dai suoi malanni.
Siamo soliti pensare alla malattia come un attacco da fattori esterni e molto meno riteniamo che lo stato psicologico influenzi la salute. Ma soprattutto di fronte alla malattia psichica si pensa che la guarigione possa arrivare dalla terapia psicologica, dal parlare, dal trovare un “senso alle cose”. L’autore invece ci dice che la malattia psichica trova alle volte soluzione in una sofferenza fisica. Una tale tesi mi interroga e mi scandalizza. Esagerando con tale idea si potrebbe dire che una soluzione per una malattia psichica o un malessere dell’animo sarebbe la prescrizione di una malattia fisica. Mi viene in mente il proverbio che ho sempre odiato “quando il corpo se frusta l’anima se giusta”, il cui significato sembra essere: quando il corpo viene trattato male lo stato d’animo della persona si aggiusta. Penso che la stragrande maggioranza delle persone cerchi di evitare la sofferenza in tutti i modi, invece in questo libro se ne intravede una utilità, cosa pensare? Le argomentazioni portate dall’autore e le citazioni rendono difficile una confutazione della tesi del libro. Le implicazioni sottese lasciano la porta aperta per la comprensione di comportamenti masochistici e altri comportamenti devianti. Che dire? Saluti G. M. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Oliverio Ferraris Anna Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori: riconoscerli per difendersi, Giunti Editore 2010 . In questo SECONDO post metterò in evidenza altri elementi che ritengo di particolare pregio ma senza una connessione logica tra loro.
Saluti Giuliano Mazzocco. COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Un interessante libro di Oliverio Ferraris Anna, Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori: riconoscerli per difendersi, Giunti Editore 2010, ci mette al corrente dei nuovi e vecchi persuasori che sfruttano principi di psicologia sociale e del comportamento. In questo post tenterò di mettere in evidenza gli elementi che ho trovato particolarmente interessanti ma senza una connessione logica. La prima cosa da sottolineare è il principio di imitazione. Dice l’autrice che quando nasce un bambino egli non sa nulla del mondo ma dopo 5 anni di vita è in grado di parlare una o due lingue, di fare un uso corretto delle mimiche , dei gesti e delle posture, sa fare giochi di gruppo e usare oggetti di vita quotidiana grazie alla capacità di imitare. Il nostro apprendimento avviene sostanzialmente per imitazione. Alle volte si dice “non imitare che sembri una scimmia!” ma ci si dimentica che è il modo naturale di relazionarsi con il mondo, senza questa capacità la trasmissione dei saperi e delle competenze sarebbe irrimediabilmente compromessa. In base a questo principio siamo spinti a cercare di assomigliare ai modelli che riteniamo più giusti ed affascinanti. Magari razionalmente non siamo d’accordo con ciò che è proposto ma il mondo delle nostre pulsioni inconsce lo è. Altri punti fonte di riflessione sono questi (in rosso vengono evidenziate alcune mie considerazioni che spero non siano sbagliate):
Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Giorgio Nardone, Gli errori delle donne (in amore), Ponte alle Grazie 2010. Ho già presentato due libri che si rifanno a Giorgio Nardone, il pensiero è sempre quello: molte volte ripetiamo ostinatamente certi comportamenti nella speranza che prima o poi ci vada nel verso giusto. Il problema è che un comportamento simile in psicologia si chiama nevrosi. Una volta sui chewing-gum quando ne scartavi la carta protettiva c’era un foglietto che poteva fartene vincere un’altra ma molte volte la scritta era : “ritenta e sarai più fortunato”. Noi molte volte a livello inconscio secondo l’autore ci comportiamo similmente. In questo libro, che come gli altri sono troppo interessanti e veloci per non essere letti, l’autore riporta tutta una serie di casi di persone che si sono innamorate delle persone sbagliate. Non c’è sufficiente riflessione intorno a questi temi. Se c’è una maturità da acquistare nel diventare autonomi e gestire se stessi perché non ci deve essere una maturità da far crescere anche in campo affettivo. Certi pensano che si deve lasciare tutto al caso perché l’amore non si comanda. Ok! Bisogna però poi accettare le “fregature” e le delusioni che possono arrivare. Questo libro me ne ricorda un altro che ha avuto molta diffusione: Robin Norwood, Donne che amano troppo, Feltrinelli 2004. Anche se si ha una certa età non è mai troppo tardi per capire se stessi e gli altri nei comportamenti che si attuano. Giuditta II di Gustav Klimt, 1909, Venezia, Galleria internazionale d'arte moderna.[1] https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3AGustav_Klimt_038.jpg Gustav Klimt [Public domain], via Wikimedia Commons from Wikimedia Commons C’è una sorta di copione come quello che si recita a teatro che è alla base di certi azioni reiterate e non a caso un grande psicologo come Moreno basava la sua terapia psicologica proprio attraverso il teatro. Ecco allora i copioni della fata , della bella addormentata, di colei che ricerca il principe azzurro, della baciatrice di rospi, della seduttrice, l’amazzone, la camaleontica, la strega, la braccatrice, la crocerossina, la moralista, la manager, la traghettatrice, ecc. Copioni che che trovano applicazione in entrambi i generi. Riguardo al libro della Norwood, l’autrice racconta di essersi sempre innamorata delle persone sbagliate. Lei si domanda come mai mi sono sempre innamorata di scapestrati, ubriaconi e gentaglia varia che mi ha fatto soffrire enormemente? Lei dice che era giovane e bella corteggiata da diverse persone ma quelle per bene e con buon senso non riuscivano a farla innamorare; lei le trovava enormemente noiose. Invece i figuri loschi e schifosi inducevano in lei una frenesia smodata. La risposta al suo comportamento si rifà alla teoria psicanalitica dell’assenza del padre durante l’infanzia. Secondo lei il fatto di avere un padre ubriacone che la trascurava era all'origine della sua attrazione per persone problematiche. Cercava in loro il riscatto per il mancato amore paterno durante il periodo dell'infanzia. Il monito è quello di fare i conti con se stessi e cercare di fare scelte più attinenti alla realtà. Sono due libri importanti scritti da autori provenienti da scuole di pensiero diverse ma entrambi portano a riflettere sulla tematica dell’amore. Ho trovato interessante un filmato in bianco e nero che viene citato nel libro "la civiltà dell'empatia". Cercherò ora di fare una breve sintesi di una piccola parte di questo libro. Nei primi anni 30 del novecento nei brefotrofi statunitensi c’era l’idea che a salvaguardia della salute fisica e mentale dei bambini bisognava evitare il più possibile le cure materne. Il personale doveva cercare il più possibile di non toccare i bambini, prenderli in braccio o cullarli. Si pensava che le normali cure affettive avrebbero ostacolato lo sviluppo morale del bambino, "rendendolo più dipendente e impedendone la rapida maturazione in un essere capace di badare a se stesso, per quanto ancora in età infantile. “ Ebbene il tasso di mortalità oscillava tra un 32% e un 72% nei primi anni di vita e chi riusciva a sopravvivere sviluppava comportamenti patologici di tipo depressivo. Questa modalità di pensiero e di comportamento furono le idee dominanti nonostante l'evidente disagio dei bambini. “ Fu solo nel 1931, quando un pediatra, Harry Bakwin, divenne primario del reparto pediatrico del Bellevue Hospital di New York, che la condizione di questi bambini cominciò a cambiare. Bakwin pubblicò un articolo, intitolato "Loneliness in Infants", in cui metteva in correlazione mortalità infantile e denutrizione emotiva” “Quando il bambino avverte di non essere amato come persona o vede respinto il proprio amore, la sua maturazione si blocca ed egli comincia a sviluppare relazioni aberranti e a manifestare sintomi patologici come aggressività, ossessioni, paranoia e comportamenti isterici o fobici.” Progressivamente il pensiero sull’accudimento cambiò. “Ma fu l’effetto viscerale ed emotivo che ebbe un film a scuotere dalle fondamenta la disciplina e a cambiare per sempre l’idea di corretto accudimento professionale dei bambini, oltre che il ruolo genitoriale." Nel 1947 un cortometraggio amatoriale realizzato da René Spitz fece molto scalpore. Era un film muto che mostrava alcuni bambini che erano stati lasciati dai genitori in una casa di accoglienza. Il primo caso mostra una bambina un pò stranita ma vigile e poi la stessa bimba a distanza di tempo immobile e sdraiata sul letto. Successivamente si vedono altre situazioni. Non c'è niente di particolarmente truce ma ti scava dentro perchè senti tutto il dolore di questi bambini. Tale documentario lo potete trovare su youtube all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=VvdOe10vrs4 Vale la pena di vederlo con i vostri studenti; sono sette minuti che rimarranno scolpiti nella testa e saranno fonte di riflessione. Recentemente mia mamma è rimasta in ospedale e lì vi era un'anziana di 102 anni che caduta aveva delle ossa fratturate. Nei momenti di dolore implorava mamma e papà. Rimaniamo per tutta la nostra vita bisognosi di amore. Nel caso vogliate vedere e commentare l’intero documentario l’indirizzo è il seguente: https://www.youtube.com/watch?v=VMWb8rfU-rg In questo caso per capire le immagini e ciò che viene detto, occorre sapere il pensiero di Winnicott sulle prime poppate. Secondo questo autore, il mancato rispetto dei desideri semplici del bambino sono fonte di frustrazione ed origine di disagi successivi.
Saluti Giuliano Mazzocco COOKIE POLICY PRIVACY POLICY Quale cartello dice il vero? Sforzati, datti da fare, controllati, smettila di…, non mangiarti le unghie, mangia un po’ di più che sei magra, impegnati, hai la tremarella ma dai non aver paura. Panico, fobie, fissazioni, ossessioni, paura di essere malato, paura dei volatili, su con la vita non essere triste, questo e tanto altro puoi approfondire nei libri di Giorgio Nardone in particolare ti segnalo questi due:
Ci sono diverse correnti in psicologia, di solito la più conosciuta è la psicanalisi. Sono approcci diversi di vedere il comportamento umano. La terapia breve di Giorgio Nardone è un modo singolare di affrontare le questioni. Si privilegia il paradosso, l’esagerazione delle difficoltà, la saggezza spicciola, lo stratagemma, in una sorte quasi di terapia canzonatoria dei problemi comportamentali umani. L’autore è docente presso l’università di Siena ed autore di numerose pubblicazioni. Per maggiori informazioni basta visitare la pagina wikipedia all’indirizzo: http://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Nardone Sono libri che costano oltretutto molto poco. L’unico peccato è che finiscono troppo in fretta, come quando davanti a te c’è un piatto di spaghetti con le vongole e tu non hai nemmeno tempo per respirare. Saluti Giuliano Mazzocco “Up to May 1868 all hangings were carried out in public and attracted large crowds who were at least supposed to be deterred by the spectacle, but who more probably went for the morbid excitement and the carnival atmosphere that usually surrounded such events. The modern expression Gala Day is derived from the Anglo-Saxon gallows day.” Breve citazione presa dal sito: http://www.capitalpunishmentuk.org/hanging1.html La traduzione con google translate è questa: “fino a maggio 1868 tutti impiccagioni sono state effettuate in pubblico e attirato grandi folle che erano almeno dovrebbero essere scoraggiati dallo spettacolo, ma che più probabilmente sono andati per l'eccitazione morbosa e l'atmosfera carnevalesca che solitamente circondato tali eventi. L'espressione moderna Gala Day deriva dal anglosassone forca giorno”. La stessa notizia e gli stessi concetti vengono riportati nel libro: Colin Wilson, Storia criminale del genere umano, Newton & compton editori 2008. L’autore in tale libro sostiene che gli uomini sono più attratti o qualsivoglia incuriositi dalle cose negative e malvagie. Lo so è una discussione vecchia come il mondo quella che riguarda la bontà o la malvagità degli uomini, però a me ha suscitato molto disappunto scoprire una tal cosa. L’autore del libro sostiene inoltre che nel corso del tempo i delitti sono stati caratterizzati secondo la scala dei bisogni di Maslow. https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Maslow%27s_hierarchy_of_needs.svg https://en.wikipedia.org/wiki/Maslow%27s_hierarchy_of_needs Vale a dire che tra quelli che sceglievano la strada negativa per soddisfare i loro bisogni inizialmente lo facevano per bisogni fisiologici e poi sono passati a motivazioni più in alto nella scala. Se una volta si uccideva per sopravvivere successivamente si è passati all’atto criminale per motivi sessuali, poi per essere qualcuno di famoso ecc. Alcune domande che scaturiscono da queste poche parole sono :
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