INCREDIBILI NOVITÀ E SVILUPPI riguardo DISTURBI NEUROLOGICI, MA ANCHE PERCORSI migliorativi DELLE PROPRIE CAPACITÀ MENTALI E ULTERIORI SCOPERTE DELL’INTERAZIONE TRA CORPO E MENTE. PRIMA PARTE
Gli sviluppi sono stati così repentini che non si può pensare siano dovuti a cause genetiche, poiché questi avverrebbero in periodi molto più lunghi. Perciò si presuppone che le cause siano altre e se sono sopravvenute così velocemente, altresì, scoperto il motivo, in altrettanto modo dovremo allontanarle. Lungi da me il volere alimentare false illusioni, i fatti, le scoperte e le teorie presentate nel libro sono davvero interessanti, e se vere da far gridare al miracolo. Le malattie al cervello sfigurano le persone, sono un oltraggio indecoroso alla loro dignità, e sono fonte di dolore per i loro famigliari. Nella speranza di aiutare a indagare, scrivo questi post, piccoli riassunti invitanti alla lettura di questo interessante libro. Il testo parte da una tesi di fondo consistente nell’affermare la plasticità del cervello, ossia la capacità di colmare i vuoti e sviluppare funzioni alternative. Il cervello ha capacità riparatrici e se aiutato nel suo processo di guarigione riesce ad aggiustare i danni subiti. Esso lo fa attraverso due canali (naturali e non invasivi) principali che sono l’esercizio fisico e mentale e il ricorso all’energia, sotto forma di luci (laser a bassa intensità), suoni (metodo TOMATIS) e vibrazioni (PONS). L’autore è uno psichiatra e psicanalista e le sue tesi sono supportate in maniera scientifica da fonti attendibili, citazioni e casi clinici comprovati. Spero tanto che le sue affermazioni siano vere e credo che, se sarà così, in breve tempo tante persone avranno nuove risorse di guarigione e potranno sentirsi meglio. Negli anni ’80 c’erano due teorie circa il funzionamento del cervello. Una sosteneva la divisione in zone alle quali spettava uno specifico compito, e un’altra prevedeva una certa elasticità tale da rendere impossibile una individuazione chiara e specifica delle zone responsabili delle varie funzioni. L’autore sostiene che il cervello ha una capacità “plastica” di adattarsi e supplire le parti deteriorate. Come le persone hanno la facoltà di apprendere nuove nozioni così il cervello ha la capacità di sviluppare nuove risorse per assolvere le esigenze dell’individuo. Per diverso tempo il pensiero più comune della medicina occidentale è stato quello di ricorrere a sostanze chimiche come rimedio neurologico. Si sono cercate e si cercano i “proiettili magici”, capaci di annichilire le malattie, ma secondo l’autore non è l’unica strada. Attualmente il corpo del paziente è il campo di battaglia tra la malattia e il medico, occorre invece possa essere un alleato. Il paziente da soggetto passivo deve diventare soggetto attivo, pronto a sperimentare se stesso in nuovi percorsi di guarigione. Ecco il primo tema suggerito da Norman Doidge. LAVORARE CON L’IMMAGINAZIONE E LA VISUALIZZAZIONE PER RIDURRE IL DOLORE CRONICO. Un certo dottor Moskovitz si accorse per esperienza diretta della facoltà del cervello di spegnere il dolore in alcuni casi. Sviluppando le ricerche scoprì che le persone, hanno delle mappe cerebrali del loro corpo. Quando con l’immaginazione modifichiamo queste mappe del corpo, riducendo le parti che sentiamo essere fonti di dolore, lentamente diamo nuovi input al cervello e, ciò fa spegnere il dolore cronico. Per dirla in altre parole, il dolore alle volte si autoalimenta, e ci tiene incastrati, per paura di soffrire aumentiamo la nostra sensibilità, ma lavorando con la visualizzazione è possibile spegnere l’incendio.
Con un gioco di specchi utilizzando l’altra gamba si è fatto credere al cervello di averla ancora. Poi si è proceduto alla terapia e il dolore è passato. La persona sapeva che era un inganno ma, inspiegabilmente il cervello ci ha creduto e lo ha fatto sentire meglio. Doidge tra i tanti casi che riporta, riferisce di una persona sofferente di artrite alle mani, con un effetto ottico si procedette a far rimpicciolire gli arti, e ciò diminuì la loro estensione nella mappa mentale del paziente, consentendo una riduzione del dolore. Le mie poche parole di spiegazione non rendono merito al discorso logico del libro, però forse questa è la parte meno convincente. Credo che tanti di noi conoscono persone che le hanno “tentate tutte” e faccio fatica a pensare, che questa possa essere una strada. Io stesso sono stato affetto da un’ernia al disco che mi ha immobilizzato per molto tempo, e ho patito tantissimo. Per tre mesi passavo la notte senza dormire in piedi riverso con la pancia su un tavolo, mi ricordo che contavo i secondi e mi incoraggiavo dicendo, “su dai 15 secondi sono passati”. Il tempo però ha spento i dolori e lentamente sono tornato alla normalità. Questa esperienza mi ha insegnato a conoscere maggiormente me stesso e ciò che lo può mandare in crisi. Sinceramente non me la sentirei di consigliare a una persona con dolori cronici questa terapia, anche se riconosco i ragionamenti sensati e comprovati dell’autore. La morale è questa: bisogna imparare a controllare consciamente il dolore fino a quando inconsciamente il cervello non lo fa da solo.
Luigi
1/22/2018 11:57:20 pm
Molto interessante,
Fiorella Moraglia
8/14/2018 01:41:26 am
Grazie per questo articolo. Ho letto da poco il testo di Doidge e ne sono rimasta affascinata. Sono educatrice e mi sto diplomando come musicoterapeuta presso la scuola triennale di musicoterapia “IsoInsieme” di Torino, e ragionavo sul fatto che per un paziente ricevere un trattamento musicoterapico su un cervello funzionante al 100% sarebbe estremamente efficace. I commenti sono chiusi.
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